Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Siamo un popolo di senza cervello, come improvvidamente s’è lasciato scappare Berlusconi nella sua ultima, disastrosa, performance televisiva?
No, siamo un popolo che ha preso atto del fallimento di un leader che ha usato il potere come strumento di autodifesa personale, identificando se stesso con il governo del paese e lasciando campo libero all’affarismo della cricca di cui s’è circondato. Alle sue promesse mirabolanti e alle minacce con cui sperava di sottomettere le altre istituzioni democratiche, a cominciare dalla magistratura, crede ormai più solo una minoranza dei cittadini.
Lo dimostra il fatto che il centrodestra ha perso nella sua roccaforte, Milano; e non è riuscito credibile neppure a Napoli, dove pure il centrosinistra aveva male amministrato la città. Dunque siamo di fronte alla chiusura di un lungo ciclo politico. I cittadini esprimono un forte bisogno di legalità e di giustizia sociale: parole calpestate da una destra convinta di poter dominare le coscienze grazie al suo strapotere mediatico, inventandosi false rappresentazioni della realtà come le “toghe rosse”, “zingaropoli”, “l’economia italiana più forte delle altre economie europee”. Tutte balle.
Non è solo il ciclo politico di questo centrodestra a giungere al capolinea. Non è solo il fallimento della classe dirigente meno presentabile che l’Italia abbia mai avuto, con i suoi Verdini, le sue Brambilla, i Calderoli, i Bondi, i La Russa e chi più ne ha più ne metta. Più nel profondo stiamo vivendo una svolta culturale con il rigetto della suggestione berlusconiana. Basta con i politici che si vantano di fare il “bunga bunga”; basta con le barzellette che ci screditavano sul palcoscenico dei vertici internazionali; basta con le pernacchie a dileggio degli avversari; basta con l’ostentazione sfacciata del privilegio come misura del potere.
Nelle due settimane intercorse fra il primo turno e i ballottaggi si è consumata una vera e propria rotta del centrodestra. I suoi candidati sono arretrati ulteriormente nel consenso popolare. Appena gli elettori hanno percepito lo smottamento, hanno adoperato lo strumento democratico del voto per rimuovere personaggi considerati fino a ieri inamovibili. Neanche la proverbiale megalomania di Berlusconi gli consentirà di scaricare la colpa del disastro sui suoi sottoposti. Nel Popolo della libertà sta per cominciare il fuggi fuggi generale. Resta solo da vedere quanto tempo ci metterà la Lega a svincolarsi, ammesso che ciò le sia possibile visto che i suoi uomini sono abituati da molto tempo alle comodità delle poltrone di governo e di sottogoverno. Nel frattempo la Lega perde dappertutto, anche nel suo tanto magnificato “territorio”.
Per consolarsi, gli esponenti del centrodestra usano ripetere in queste ore che non esiste ancora nel paese un’alternativa di governo del centrosinistra. Già mi immagino estenuanti polemiche giornalistiche, amplificate dai telegiornali berlusconiani, sul centrosinistra divenuto sinistra centro, ovvero ricattato dalle estreme. Ma ho l’impressione che si tratti di un argomento debole, perché il centrosinistra dispone di un’arma democratica rivelatasi efficacissima: le primarie. Riconoscendo la sovranità dei cittadini nella selezione del candidato al governo, e sollecitando la loro partecipazione attiva, il centrosinistra risdulta decisamente più in sintonia con il vento del cambiamento.