Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
La Lega incarognisce e comincia a dare il peggio di sé. Sgominata nel Nord che sognava già suo; asserragliata nel governo di Roma ove s’è distinta solo per lottizzazione e clientelismo; incapace di emanciparsi dal Capo che non ne azzecca più una; scattano in lei i riflessi pavloviani dell’egoismo territoriale.
I confini della Padania immaginaria che nella fase espansiva si fantasticavano estesi fino all’Umbria e alle Marche, ora vengono ristretti alle ridotte pedemontane; all’antimeridionalismo delle origini; alla ricerca, un quarto di secolo dopo, dell’impossibile revival purificatorio.
Dàgli ai napoletani, allora! Con becero compiacimento i gerarchi incanutiti sogghignano dell’emergenza rifiuti campana e giocano a boicottare il decreto governativo che ne consentirebbe lo smaltimento in altre regioni, già pronte a trattarli.
Piace loro, nel centocinquantenario della nazione, riprodurre la dinamica degli staterelli preunitari. Alla faccia di un federalismo solidale in cui non hanno mai creduto, sposano la burocrazia delle dogane e delle frontiere interne alla penisola. Il loro giornale titola soddisfatto: “Napoli soffoca nei rifiuti ed è senza vie d’uscita”. Si arrogano il merito di far soffrire i partenopei, descritti come topi in gabbia (testuale), vicini alla catastrofe (testuale).
La responsabilità storica di avere portato al governo questi energumeni nemici dell’italianità, disposti a giurare sulla Costituzione pur di fare i ministri, per poi rinnegarla, grava sulle spalle di Silvio Berlusconi. Come dimenticare, del resto, le parole minacciose e vendicative con cui il presidente del Consiglio apostrofò gli elettori dopo la vittoria di De Magistris? La frase sfuggitagli dopo l’esito dei ballottaggi –“I napoletani si pentiranno moltissimo”- acquista oggi un eco sinistro.
Difficile pensare che non vi sia stato un calcolo cinico da parte di Berlusconi nel rinviare l’approvazione del decreto di smistamento per due, tre sedute del Consiglio dei ministri. Solo che l’apprendista stregone, disposto a tollerare e strumentalizzare l’energia distruttiva del leghismo pur di tirare a campare, ora rischia di esserne a sua volta travolto. Il ministro della Complicazione normativa, Roberto Calderoli, promette di far “volare le sedie” anche contro di lui. Il linguaggio rozzo e violento dei capi leghisti messi alle strette perde la sua aura carnevalesca. Il buffone incattivito altri non è che una carogna.
Il raduno di Pontida ha evidenziato come la Lega abbia esaurito i suoi spazi di manovra. Decaduto il mito dell’abilità tattica di Bossi, consumato il repertorio delle trovate demagogiche con l’ultima farsa dei ministeri al Nord, il Carroccio è costretto a giocarsi anche l’ultima sponda del rapporto diplomatico con il Quirinale. Già era entrato in rotta di collisione con Giorgio Napolitano pretendendo la violazione degli accordi internazionali sulle missioni militari in Libia, in Libano e in Afghanistan. Ma adesso il veto leghista al soccorso di Napoli suona come un’offesa diretta alle sollecitazioni del Capo dello Stato.
Il governo, minoritario nel paese, reagisce abdicando al suo mandato di operare nell’interesse di tutta la nazione. Diviene attore della sua spaccatura, nella miope aspettativa di trarre vantaggio dalle pulsioni meschine dell’antimeridionalismo. Con ciò dimostrando di ignorare, ormai, le aspettative assai più degne degli stessi cittadini settentrionali.
L’involuzione estremista della Lega, purtroppo, non la riporta automaticamente alla sua collocazione naturale di movimento destinato all’opposizione. La nomenclatura del Carroccio è composta da uomini seduti da quindici, vent’anni in Parlamento. Fingono, quando si dicono pronti a lasciare le poltrone. Temono con ragione che l’abbandono del potere determini la frantumazione del loro movimento.
Mai come oggi l’Italia avrebbe bisogno di recuperare un sentimento di partecipazione comune al dramma dei napoletani. La crisi dei rifiuti, originata certo –come dimenticarlo- da gravi colpe delle amministrazioni locali, non potrà mai essere gestita senza un armonioso concorso delle istituzioni, dal Comune alla Provincia, dalla Regione al Governo nazionale. Il boicottaggio di questa urgente collaborazione fra poteri pubblici, scatenato per biechi pseudo-interessi di partito, esaspera, insieme alla sofferenza della popolazione, la crisi della nostra democrazia. Napoli sommersa dai rifiuti non è una vergogna che si possa liquidare solo come fallimento della sua classe dirigente. Altrettanto vergognoso è lo spettacolo di ministri della Repubblica che irridono alla sciagura e voltano le spalle ai cittadini, venendo meno al proprio dovere.