Quelli che fanno finta di non capire

venerdì, 22 luglio 2011

Ho letto su “Il Fatto” di oggi la sfuriata con cui Massimo D’Alema ha investito Luca Telese nel Transatlantico di Montecitorio, definendo “tecnicamente fascista” il giornale diretto da Antonio Padellaro (che fu suo successore, sia detto per inciso, alla direzione de “L’Unità”).
I toni da Rodomonte, come al solito, servono a mascherare una falsa ingenuità. Qui non stiamo misurando opinabili giudizi sulla moralità personale di questo o quel dirigente del Pd, partito nei confronti del quale D’Alema peraltro ha ostentato più volte uno stizzito distacco. A lui, come a Nicola Latorre e al segretario Pierluigi Bersani, si richiede di non eludere una questione squisitamente politica emersa nelle loro relazioni con i potentati economici e finanziari. Alcuni dei quali comportamenti hanno coinvolto loro stretti collaboratori, come Alberto Tedesco, Franco Pronzato e da ultimo Filippo Penati in inchieste giudiziarie, con grai ipotesi di reato.
La magistratura farà il suo lavoro. Ma ai dirigenti del Pd, e in particolare a coloro che gravitano nell’area dalemiana, si chiede legittimamente si spiegare quale concezione abbiano del finanziamento della politica, e quale rapporto abbiano ritenuto di intrattenere con l’establishment e il sottogoverno per consolidare le proprie istanze. Su questi temi, che hanno evidenti implicazioni con le scelte politiche e le alleanze, hanno il dovere di esprimersi attraverso un discorso di verità. Lo devono fare al più presto, senza elusioni, nelle sedi appropriate, a cominciare dalla direzione del partito. Gli insulti denotano imbarazzo e non giovano alla loro credibilità.

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