Prende slancio il referendum elettorale

sabato, 30 luglio 2011

Saggiamente Gustavo Zagrebelsky notava, qualche tempo fa, che in Parlamento basterebbe una leggina di un solo articolo e di due commi per abrogare l’ignobile legge elettorale vigente, ripristinando i collegi uninominali del cosiddetto Mattarellum. Giusto, vero. Ma guarda caso chi non l’ha voluto fare in tre anni, non lo farà certo nei prossimi mesi. Somiglia dunque a un’ulteriore perdita di tempo, meramente testimoniale, la decisione del Partito democratico che presenta la sua riforma elettorale “ideale”, con ciò negandosi all’unica via percorribile se si vuole davvero votare, la prossima volta, senza il nodo scorsoio del “porcellum”. Sto parlando, naturalmente, del referendum che abolisce la legge Calderoli e ripristina i collegi uninominali del Mattarellum, presentato due settimane fa in Cassazione da un Comitato del quale mi onoro di far parte.
Vediamo allora qual è la situazione attuale. La novità più bella, e meno scontata, è l’impegno nella raccolta delle cinquecentomila firme formulato da Antonio Di Pietro e Nichi Vendola, cioè dai leader di due formazioni politiche che in una visione miope avrebbero potuto essere attratte dai vantaggi meschini del proporzionale. Idv e Sel, viceversa, credono nel bipolarismo e soprattutto nel legame fra eletti e territorio. Dovrebbero essere pure capisaldi programmatici del mio partito, il Pd -almeno questa era la sua ispirazione originaria- ma il suo gruppo dirigente pare oggi in altre faccende affacendato. Con l’eccezione lodevole di Arturo Parisi.
In sostanza oggi si tratta di riconoscere che senza l’apporto diretto dei cittadini, cioè senza la pressione civica del referendum, nessuno muoverà un dito in Parlamento per sottrarre il potere arbitrario oggi detenuto dai capipartito. C’è tempo fino al 30 settembre per raccogliere cinquecentomila firme. Il grosso dell’impegno si concentrerà per evidenti motivi negli ultimi trenta giorni, cioè nel mese di settembre. Ma è apprezzabile che Di Pietro e Vendola già si schierino, nell’attesa che al loro fianco s’impegnino almeno una parte dei leader del Pd. Se non altro per evitare di essere scavalcati un’altra volta dall’attivismo civico dei cittadini, come già accaduto nelle primarie e nei referendum della primavera scorsa.

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