La Marcegaglia e le tasse dei super-ricchi

giovedì, 25 agosto 2011

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Non sono riuscito ad afferrare il nesso logico con cui la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nell’intervista rilasciata ieri a “Repubblica”, respinge l’idea di prelievi fiscali aggiuntivi a carico dei ricchi italiani.
Quando Roberto Mania le chiede se firmerebbe il manifesto dei sedici imprenditori e manager francesi disponibili a “un contributo eccezionale”, così risponde la Marcegaglia: “Se fossi in Francia sì, in Italia no. Da noi una tassa di quel tipo servirebbe soltanto a far pagare di più chi le tasse le paga già con un prelievo che complessivamente ormai sfiora il 50 per cento”.
Non voglio pensare ad un mero aggiramento dialettico. Posso condividere, vivendolo pure io, un certo fastidio dovuto al fatto che noi fortunati lavoratori ad alto reddito pagheremo salato (com’è doveroso, viste le circostanze); mentre nulla è richiesto agli altrettanto fortunati detentori di patrimoni, che vivono magari di rendita. In Italia se sei ricco e non guadagni, niente tasse. Questa è la vera differenza con la Francia, dove vige l’”Imposta di solidarietà sulla fortuna” a carico di chi possiede cospicui patrimoni. Dunque paghi in percentuale su quel che hai già, non solo su quanto incassi.
Sarebbe maggiormente apprezzabile la premura della Marcegaglia a favore di chi guadagna 90 mila euro lordi l’anno, e quindi non può considerarsi un ricco da spremere, se lo facesse seguire da un richiamo alle responsabilità eccezionali cui sono chiamati oggi i veri ricchi. Lo ha proposto il suo predecessore al vertice della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo; dispiace non se ne faccia carico lei. Possibile che in Italia trovino così scarsa udienza le voci di Warren Buffett e della borghesia francese? Che non si avverta la necessità di un contributo straordinario su base patrimoniale per un’equa ripartizione dei sacrifici necessari a fronteggiare l’emergenza?
In verità il ricorso a un’imposta patrimoniale straordinaria non spaventa certo quegli imprenditori che hanno fiducia nelle proprie capacità di creare ricchezza; consapevoli peraltro del fatto che tale prelievo non sarà mai tale da modificare il loro tenore di vita. Ciò spiega anche perché le loro voci isolate siano risuonate, comunque, ancor prima dell’iniziativa di una sinistra italiana ridottasi per troppo tempo a considerare il tema della giustizia sociale poco spendibile sul terreno del marketing politico. Non dovrebbe mancare all’appello una confederazione degli industriali proclamatasi fautrice del merito contro il parassitismo delle rendite: proprio ieri “Il Sole 24 Ore” ricordava che l’evasione fiscale tocca percentuali del 56,3% nel lavoro autonomo, ma schizza addirittura all’83,7% fra i rentier.
Il contributo di solidarietà disposto nella manovra economica del governo è viziato per l’appunto da questa distorsione inaccettabile: viene imposto sui redditi ma non sui patrimoni. Tanto per capirci: è giusto che Berlusconi contribuisca solo in ragione delle sue entrate annuali? O dovrebbe essergli richiesta pure una quota relativa alle svariate proprietà immobiliari e mobiliari in cui ha valorizzato il suo patrimonio? Naturalmente la stessa domanda vale per tutti gli altri milionari e miliardari d’Italia. A prescindere dalle loro ultime dichiarazioni dei redditi.
Da Pellegrino Capaldo a Pietro Modiano, sono state avanzate (e ignorate) ormai varie ipotesi di prelievo una tantum sui patrimoni, in grado di garantire un gettito elevato salvaguardando l’ampia fascia di popolazione che ha visto diminuire il proprio reddito nel mentre una minoranza di italiani si arricchiva in proporzioni abnormi rispetto alla mancata crescita del Pil. Si è detto e ripetuto che la rivoluzione italiana passa dalla ricevuta fiscale, nonché da quell’accertamento efficace della ricchezza circolante già costato al benemerito Vincenzo Visco l’epiteto di Dracula. Giusto, ma non possiamo permetterci di star fermi nell’attesa di tale rivoluzione.
In conclusione, vorrei raccontare a Emma Marcegaglia la storia vera di un manager di mia conoscenza che dieci anni fa percepì una liquidazione milionaria e da allora ha deciso di non lavorare più. Per passare il tempo, ha imparato a giocare a golf; e con stupore mi racconta che nei giorni feriali i campi sono affollati di persone come lui che vivono di rendita. Buon pro gli faccia, ma vogliamo chiedere un contributo di solidarietà pure a loro?

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