In un audiomessaggio dal titolo “Caro Lerner, che ci dici di Profumo?”, pubblicato su www.ilfoglio.it, Giuliano Ferrara si lancia in un ardito paragone fra due ex banchieri di nostra conoscenza: Denis Verdini e Alessandro Profumo.
Il primo, Denis Verdini, è sotto inchiesta per associazione a delinquere, appropriazione indebita, falso in bilancio, corruzione e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.
Il secondo, Alessandro Profumo, è indagato per dichiarazione fiscale fraudolenta (nel bilancio aziendale, non nei suoi conti personali).
Accusandomi di facile moralismo, Ferrara cita l’enorme somma di denaro che i manager di Unicredit, così come i loro colleghi di altre grandi banche italiane, avrebbero omesso di versare al fisco italiano. Quella sì, una volta accertata, sarebbe una colpa grave. Vuoi mettere con i modesti maneggi familiari riscontrati nel Credito Cooperativo Fiorentino del suo amico?
Mi è piaciuto ritrovare così in Giuliano una certa non sopita verve anticapitalistica, per la verità più brechtiana che marxista: “Cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”. Cosa volete che siano i soldi intascati da Verdini e dai suoi cari, a paragone dei bilanci miliardari gestiti da Profumo e dai suoi colleghi?
Post scriptum. Verdini ha ritenuto compatibile per alcuni anni fare il presidente di una banca e il coordinatore nazionale di un partito.
A Profumo sconsiglio vivamente di salire in politica.
Da iscritto al Pd mi auguro che il nostro partito non si lasci dirigere o eterodirigere dai banchieri.