Alla soluzione del governo tecnico fondato su larghe intese parlamentari neanche io ci credo. Sarebbe oggetto di contestazioni da più parti, e difficilmente i ceti popolari che hanno già subito dolorose decurtazioni di reddito (e diritti) confiderebbero in una leadership che non si è mai prodigata su obiettivi di giustizia sociale. Lo sfarinamento della pseudomaggioranza berlusconiana, quindi, è probabile, ma anche augurabile, che porti alle elezioni anticipate. Ma, c’è un ma. Sono in agguato i furbetti che desiderano solo una cosa: andare a votare con questa legge elettorale, incuranti del moto popolare di ripulsa da essa suscitato. Non solo i promotori del referendum che ha raccolto in un mese più di un milione e duecentomila firma, ma tutti i democratici devono vigilare. Pretendiamo che si vada alle urne solo dopo aver ripristinato le minime garanzie necessarie, cioè dopo avere abrogato la confisca totale della scelta dei candidati a vantaggio di pochi capibastone. Ci vuole pochissimo tempo per riformare la legge elettorale. Basterebbe un provvedimento telegrafico che ripristini il sistema precedente, il Mattarellum, maggioritario ma fondato su collegi uninominali. Spero che alla manifestazione del Pd, domani a Roma, Bersani facia propria questa rivendicazione essenziale.