Draghi e Monti non hanno superpoteri

mercoledì, 30 novembre 2011

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Il quesito non è più “se” l’Italia andrà in default, cioè dovrà riconoscere l’impossibilità di pagare nei tempi convenuti il suo debito, ma “come” andrà in default. Meglio prendere atto di questa cattiva notizia, volendo reagirle positivamente. Alla Grecia, per esempio, non ha fatto certo bene prolungare la finzione in ottemperanza alle necessità dei suoi creditori stranieri. Questi ultimi, i creditori, non stanno poi tanto meglio di noi. Scaricare la responsabilità della crisi che imperversa dal 2008 sull’eccessivo debito pubblico di alcuni paesi, o sui limiti della moneta unica europea, è solo goffa propaganda dispiegata per lenire il malcontento delle rispettive opinioni pubbliche.
In questo mese di dicembre che chiude l’incredibile 2011 rimettendo in dubbio le conquiste dell’euro e dell’unità europea, per noi italiani è consolante sapere che sul campo si muovono i due Supermario. Sia Draghi, al vertice della Banca centrale europea, sia Monti, alla guida del governo italiano, vengono considerati due fuoriclasse della tecnocrazia internazionale. Sottovoce, più di un conoscitore, pensando forse di rassicurare, mi ha confidato: “In un vertice con Sarkozy e la Merkel, i nostri due Mario li sovrasteranno per competenza”.
Resta da capire quanto i nostri due Supermario possano esercitare la loro perizia tecnica e la loro rete di conoscenze, orientandole nell’interesse nazionale italiano. Il banchiere di Francoforte, nell’assumere tale funzione, ha dovuto giurare di anteporre l’interesse europeo al patriottismo tricolore. Il bocconiano di Palazzo Chigi, a sua volta, deve il suo prestigio all’imparzialità con cui esercitò per un decennio la funzione di commissario a Bruxelles. Difficile figurarseli come leader nazionalisti, alla Merkel o alla Sarkozy. Per fortuna, aggiungerei: l’Italia non avrebbe certo da guadagnarne. Ma a maggior ragione la forza dei due Supermario ci appare al giorno d’oggi minata dall’ebbrezza in cui si dibatte il loro ambiente sovranazionale di riferimento.
Scusate se tratto su un piano caratteriale dei fenomeni di natura economica, ma, lo ammetterete, non è che i calcoli matematici di lorsignori abbiano dato un esito così rassicurante negli anni trascorsi. Anche noi profani cogliamo a occhio nudo lo stato confusionale in cui versano non solo i politici, ma anche i banchieri e i tecnocrati dell’alta finanza dall’inizio della crisi. La loro presunta freddezza, la loro capacità di visione e di manovra, la consuetudine che permette loro d’intendersi al volo, temo appartengano alla leggenda di un inesistente superpotere mondiale detenuto da una ristretta cricca affaristica.
Meno male che sono in azione i Supermario, dunque. Ma non sopravvalutiamone i superpoteri. Nei mesi scorsi ho ascoltati troppi sapientoni rassicurarmi sul fatto che sarebbero bastate poche mosse ben orchestrate al momento giusto –un’iniezione di denaro della Bce, un prestito della Fmi, il rifinanziamento del Fondo salva stati- per scoraggiare gli investitori che dirottano altrove il denaro prima stanziato in Europa. Mi auguro che tale sicumera non obnubili la lucidità dei nostri Supermario, riducendo anch’essi a apprendisti stregoni. Perché poi ti svegli una mattina e la solita agenzia di rating preconizza ciò che si sentiva nell’aria, ovvero che siamo immersi in una perturbazione chiamata default.

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