Lombardia, è ora di cambiare

giovedì, 1 dicembre 2011

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Dopo la giunta Moratti a Milano e il governo nazionale di Berlusconi, c’è da sperare che questo impetuoso 2011 si porti via pure il regno di Formigoni sulla regione Lombardia. Giunti all’ennesimo arresto di alto papavero Pdl, con i suoi bravi centomila euro in banconote da 500 custoditi a domicilio, non se ne può davvero più. Il numero di assessori e consiglieri già pescati con le mani nel sacco, per non parlare degli arricchimenti di sconosciuti imprenditori legati alla galassia di Comunione e Liberazione (come il defunto Giuseppe Grossi nello smaltimento rifiuti; o Pierangelo Daccò nell’impiantistica sanitaria), la spartizione affaristica degli enti regionali dal budget robusto, perfino l’infiltrazione della ‘ndrangheta all’ombra del Pirellone, determinano una umiliazione insostenibile della decenza politica.
Dopo sedici anni di dominio incontrastato di Formigoni al vertice del potere regionale, anche l’opposizione ha convenuto di sporcarsi le mani con il “realismo” delle intese consociative. Ce lo ricorda la vicenda di Filippo Penati e della coesistenza subalterna instaurata dalle Coop con i maggiorenti della Compagnia delle Opere. Il paradosso è che questo sistema di manipolazione del libero mercato appariva la parte più sana del sistema di potere lombardo, se non altro regolata dalle convenzioni pubblico-privato e dalla trattativa ai vertici; mentre attorno prosperavano singoli politici di centrodestra dediti al business personale, non sempre con lo scrupolo di mascherarsi ricorrendo a famigli e prestanome. C’è poi la quota dei La Russa, c’è Abelli con signora, gli amici di Mantovani e i rivali di Podestà… La Lega ha fin qui convissuto volentieri nell’alleanza regionale, salvaguardata al prezzo di liquidare i suoi uomini che nel passato avevano osato denunciare l’affarismo imperante. Bossi e Maroni confidavano di raccogliere i frutti dell’esplosione di questo Pdl nell’era post-berlusconiana, assommando così la presidenza della Lombardia a quelle già detenute in Veneto e Piemonte.
Chissà se ora confermeranno l’invito a partecipare alla loro segreteria nazionale di lunedì prossimo, rivolto insolitamente a Formigoni e altrettanto insolitamente accettato da quest’ultimo. In cerca della verginità perduta (Bossi dixit) sarà difficile per la Lega giustificare la prosecuzione dell’alleanza col Pdl, qui dove c’è ancora da spartirsi del potere reale, dopo averla ripudiata a Roma dove l’avvento dei tecnici li ha esclusi dalla mangiatoia.
Piace ricordare, quest’oggi, che il vicepresidente Nicoli Cristiani è lo stesso minaccioso gerarca che prometteva schiaffi ai giornalisti, in difesa della valorosa consigliera Nicole Minetti. Divenuta al Pirellone grande amica di quell’altro politico sopraffino che risponde al nome di Renzo Bossi. L’inchiesta sulle firme false con cui è stato presentato il listino del centrodestra nel 2010, giunta alle sue ultime battute, si configura come la ciliegina sulla torta degli scandali lombardi.
Forti di una maggioranza conservatrice che perdura da decenni nell’elettorato regionale, i politici del centrodestra hanno ritenuto di potersi permettere ogni licenza, calpestando la decenza. Ora dovrebbero prendere atto che il loro stesso elettorato non ne può più. Dalle infiltrazioni della ‘ndrangheta ai fondi neri del San Raffaele, passiamo ora alla scoperta degli appetiti che circondano le infrastrutture finanziate con gli stanziamenti dell’Expò 2015, come la tanto attesa bretella autostradale Brebemi. Intollerabile, per chi vive ogni giorno ingorghi estenuanti. La gestione trasparente del prossimo Expò implica un rinnovamento della classe dirigente pure in Regione, dopo quello che i cittadini hanno decretato nel maggio scorso al Comune di Milano. Lo stesso movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione dà più di un segnale di averlo compreso: Formigoni non è un Pontefice, in politica comandare a vita è insano. Separare il cattolicesimo lombardo dalla zavorra della corruzione si prospetta anche come uno degli impegni per cui è venuto a Milano il nuovo arcivescovo, cardinale Angelo Scola.
Per questo sarebbe un bel regalo di Natale chiudere il 2011 con le dimissioni della giunta regionale lombarda. E pazienza se ciò non giova alle ambizioni nazionali del suo presidente.

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