Thyssen, Eternit e il “patto col diavolo”

giovedì, 22 dicembre 2011

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
La ThyssenKrupp è in cerca di attenuanti dopo la pesante condanna per omicidio volontario inflitta ai suoi manager in seguito al rogo del 2007, nel quale morirono sette operai. Per questo la multinazionale tedesca propone addirittura una maggiorazione del risarcimento che la sentenza di primo grado assegna al Comune di Torino; ma pone una condizione pesante: che il sindaco rinunci a costituirsi parte civile nel processo d’appello. Cioè che la città di Torino (ma con essa la Provincia e la Regione) prenda i soldi e smetta di considerarsi parte lesa.
Ancora più lesto è stato il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, imputato per disastro ambientale doloso e rimozione volontaria di cautele nel processo Eternit per la strage dell’amianto. Senza neanche aspettare la sentenza di primo grado, Schmidheiny offre 18,3 milioni di euro al sindaco della città-martire di Casale Monferrato (1800 morti di mesotelioma, e non è ancora finita) purchè faccia marcia indietro e rinunci a dichiararsi parte lesa in rappresentanza dei suoi concittadini. Proprio ieri il sindaco Giorgio Demezzi ha ricevuto una telefonata del ministro della Salute, Renato Balduzzi, che lo ha invitato a rimeditare il suo orientamento alla luce della storia esemplare di lotta per la verità, la giustizia e la salute, in cui il comune di Casale Monferrato ha finora svolto un ruolo di battistrada.
Ma cosa sta succedendo?Due storie contemporanee in cui la vita e la morte s’intrecciano all’economia, diverse fra loro per modalità e dimensione, così come (finora) è apparsa diversa la reazione dei sindaci chiamati a fronteggiare il medesimo dilemma: soldi o giustizia?
Possibile che l’Italia in recessione torni ad essere un paese vassallo, nel quale dei capitalisti possono sottomettere grazie al denaro la pubblica rappresentanza dei cittadini? Chi ha accumulato profitti miliardari ignorando le normative di sicurezza o avvelenando consapevolmente i polmoni dei residenti, ora ne reinveste una quota marginale per acquisire sconti di pena. E’ una legittima strategia difensiva, ci mancherebbe. Ma qual è il ruolo delle istituzioni pubbliche nella tutela del diritto alla salute quando esso sia violato e la collettività si aspetta un pronunciamento giudiziario?
E’ sgradevole avvertire che nel tempo della crisi pure la giustizia rischia di soggiacere alla prassi dei saldi anticipati, come il commercio. Una sensazione umiliante che si vive soprattutto a Casale Monferrato, dove il Comune potrebbe sparire dal processo in cambio di una somma inferiore di parecchio alla liquidazione di un singolo amministratore delegato. La delibera votata in Municipio (per fortuna non definitiva, il sindaco ha compreso che il turbamento va ben al di là delle contrapposizioni politiche) lacera le coscienze; ma è soprattutto la straordinaria, civile, composta Associazione dei familiari delle vittime che vivrebbe come un’inspiegabile diserzione la transazione con Schmidheiny, a poche settimane da una sentenza di rilevanza storica, attesa in tutto il mondo infestato da fabbriche d’amianto, preceduta da decenni di sofferenze e denunce.
A Torino, se non altro, il Comune è stato presente in Tribunale, come parte civile, di fianco ai familiari degli operai morti e feriti, fino al primo giudizio di colpevolezza della ThyssenKrupp: ben sedici anni e mezzo di condanna per l’amministratore delegato Harald Espenhan, presente in ogni fase del dibattimento.
Nel caso della Eternit di Casale Monferrato, viceversa, gli imputati (oltre a Schmidheiny c’è un suo socio belga) pesa come un macigno sulle quasi tremila famiglie costituitesi parte civile l’invisibilità dei proprietari della Eternit. La giornalista Silvana Mossano, autrice del libro “Malapolvere” già prima che il destino la chiamasse a seguire personalmente anch’essa il tormento e la cura di una persona amata, ricorda ciò che le ripetevano da bambina agli incontri di catechismo: “Stai attenta, che il diavolo è tentatore…”. Ora manifesta stupore per la repentina comparsa di questa ipotesi, “il patto col diavolo” lo chiama, ritenuto fino a ieri inconcepibile. Neanche dire che ci si arriva sospinti dal bisogno –il bilancio comunale di Casale Monferrato è virtuoso- no, è proprio l’idea che rifiutare soldi certi e immediati sia un delitto nei confronti della collettività. Siamo davvero cambiati tutti così profondamente? Casale Monferrato sta provando il vitale bisogno di smentire questo luogo comune, troppo grande è la sua ferita, prima di Natale vuole recuperare il suo senso di comunità solidale.

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