Dedicato a quel brutto nasone di Vauro

mercoledì, 1 febbraio 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Non avevo nessuna voglia di scriverlo, questo articolo: un battibecco fra soliti noti, una tempesta in un bicchier d’acqua, una spirale interminabile di polemiche. Poi c’è quella insistenza sul naso adunco, capirete bene, col profilo caprino che mi ritrovo (a scanso di equivoci, è una citazione del poeta di maternità ebraica Umberto Saba, “in una capra dal viso semita”)… Ma provateci voi a ricevere una dopo l’altra le telefonate di un Vauro tetro e costernato che ti ripete: “Hai letto, Gad? Mi danno dell’antisemita, è l’offesa più schifosa che si possa rivolgere a uno come me. Peppino Caldarola l’ho querelato ed è stato condannato a una multa di 25 mila euro perché mi ha attribuito falsamente quella frase velenosa, ‘sporca ebrea’, mai rivolta a Fiamma Nirenstein, e che io neppure potrei concepire. Ma loro insistono, sui giornali figura come vittima il Caldarola che mi ha appiccicato parole infamanti, perseguitato da me e dal giudice che ne ha certificato l’invenzione”.
Per chi non lo sapesse, tutto comincia da una vignetta in cui Vauro mette in ridicolo la contraddizione di, testuale, “Fiamma Frankestein”, cioè della Nirenstein che ha deciso di candidarsi al Parlamento nel Pdl, partito in cui militano anche persone di estrema destra come Alessandra Mussolini e Giuseppe Ciarrapico (quest’ultimo nostalgico antisemita per davvero). La disegna col suo profilo corredato da simboli che, affiancati, stridono e fanno male: la stella di Davide e il fascio, oltre allo stemma del Pdl.
Se ne poteva opinare il gusto e l’umorismo carogna. Invece, apriti cielo: l’interessata per prima grida all’antisemitismo, come dimostrerebbe il naso attribuitole da Vauro. Sono sempre stato dell’idea che un’accusa così grave andrebbe soppesata con cautela, evitandone l’abuso. Ricordo la volta in cui il rabbino capo di Torino mi sollecitò a protestare contro Forattini che mi aveva disegnato, secondo lui, col tipico naso adunco dell’iconografia fascista. La vignetta era cattiva, ma pregai il rabbino di lasciar perdere: in fondo si trattava del mio naso. Imperfetto, ne convengo, ma noi ci conviviamo volentieri da generazioni (senza generalizzare: conosco pure ebrei col nasino all’insù). Forattini mi sta antipatico, ma se avessi scritto che mi dava dello “sporco ebreo”, a buon diritto lui si sarebbe potuto offendere.
Siccome il destino è beffardo, la Nirenstein ha voluto ribadire la sua accusa di antisemitismo a Vauro sul “Giornale” diretto da Alessandro Sallusti proprio lo stesso giorno in cui quest’ultimo sparava in prima pagina il titolo: “Lettera ai tedeschi. A noi Schettino a voi Auschwitz”. In un demenziale impeto patriottico Sallusti scaraventava addosso al sito internet del settimanale tedesco “Der Spiegel”, colpevole di una sgradevole satira antitaliana, niente meno che i sei milioni di morti della Shoah. Per giunta negando la corresponsabilità del fascismo italiano nella persecuzione degli ebrei. Sfortunata, la Fiamma, ma non per questo le darò della “Frankestein”. Mi limito a consigliarle maggior parsimonia nel dispensare marchi d’infamia mortificanti nei confronti degli avversari politici come Vauro.
Ce n’è già abbastanza in giro di antisemitismo, e più in generale di odio razziale rivolto contro altri popoli ed altre fedi religiose, senza bisogno di inventarsi pure un Vauro che dà della “sporca ebrea” a chicchessia. Se poi quest’ultimo, il Vauro, si accontentasse della sentenza che ne riconferma l’onorabilità indiscussa, e rinunciasse ai soldi di Caldarola, avremmo fatto bingo.

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