Quella scelta suicida per ragioni di cassa

sabato, 4 febbraio 2012

Nessuno me lo toglie dalla testa, man mano che lo scandaloso bilancio della Margherita prende forma sotto i nostri occhi e la versione di una singola responsabilità parsonale per appropriazione indebita perde verosimiglianza: è a causa di questi calcoli economici che tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 si perpetrò il suicidio del centrosinistra italiano. Quando fu deciso contro ogni logica di presentare, sì, la lista comune “Uniti nell’Ulivo” alla Camera dei Deputati; ma andando separati, da una parte la Margherita, dall’altra i Ds, al Senato. Fu la tomba del successivo governo Prodi, deprivato di un margine accettabile al Senato. All’epoca nessuno dei dirigenti seppe dare, di fronte alle proteste diffuse, alcuna spiegazione razionale di quella scelta dissennata, contro la quale invano protestò lo stesso Prodi. Il perchè, difatti, era indicibile pubblicamente: mantenere in vita strutture separate per finanziare clan e correnti, nonostante si desse vita (in ritardo) al Partito Democratico, ora lo possiamo dire, ha sortito un unico effetto: resuscitare Berlusconi. Già uscito perdente dalla legislatura in cui aveva malgovernato, Berlusconi ebbe gioco facile nel riorganizzarsi fino ad abbattere il governo Prodi e prendersi la rivincita nel 2008. Ci siamo beccati altri tre anni di governo Berlusconi grazie ai burocrati che volevano tenersi stretta la cassa nonostante l’adesione al Pd. Ora abbiamo capito meglio come andò e come ha continuato a funzionare dopo.

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