I tempi sono cambiati, cara Belén

martedì, 21 febbraio 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.

L’esibizione dell’inguine tatuato di Belén è stata il culmine di un’operazione di marketing ben congegnata intorno alla soubrette più amata dagli italiani, elevata a simbolo del desiderio erotico. Prima erano venute le foto senza veli di Giovanni Gastel su “Vanity Fair”, poi la mossetta scosciata con farfallina sul palco di Sanremo, proposta insistentemente come ulteriore salto di qualità nel linguaggio della trasgressione femminile; un po’ come il soliloquio dell’anziano cantante Celentano è stato proposto quale ulteriore salto di qualità della trasgressione maschile.
Sono molto lieto che di fronte all’abuso smaccato dei corpi virtuali da desiderare, in questo paese abbiano cominciato a manifestarsi per reazione degli anticorpi. Gli anticorpi della protesta guidata dal ministro delle Pari opportunità, Elsa Fornero (finalmente ne abbiamo una che non sembra la parodia della carica che riveste: ricordiamo della Carfagna scatti fotografici che fanno impallidire la performance di Belén) sono formidabili perché ci parlano di corpi veri. Sveglia, maschi! Quelli con cui davvero facciamo l’amore, ai quali dormiamo accanto, con cui ci relazioniamo attraverso il cervello e il cuore, che profumano e fremono e si muovono e, insomma, sono corpi VERI: i corpi reali delle donne con cui cerchiamo di costruire una reciproca felicità, bisognosa certo del gioco erotico, ma che per l’appunto nessuna farfallina lontana potrà sostituire.
Non mi stupisce certo che il baraccone di Sanremo abbia riproposto la sempiterna dialettica vecchio-conduttore-giovane-valletta, essendo limitato l’orizzonte culturale dei suoi autori: bacchettoni, conformisti e dunque portati a misurare la trasgressione nei centimetri di pelle femminile concessa al nostro appetito. Trovo al contrario un felice segno dei tempi che tale andazzo in Italia non passi più inosservato. Ci sono voluti degli anni dai primi scandali di Vallettopoli, quando si diffondeva l’idea che per dare spettacolo di sé in televisione una donna, prima, dovesse concedersi alle fauci del potere. Poi è venuto il racconto-denuncia dei meccanismi ossessivi con cui il corpo della donna viene degradato a ogni ora del giorno e della notte nella televisione italiana. Infine ci siamo misurati con lo scandalo delle donne usate come tangenti per allietare (e cementare l’omertà) di una classe dirigente maschile clericale e puttaniera.
Prima c’era la rassegnata assuefazione, ora scattano le proteste: è un progresso importante. Mentre una donna intelligente come Geppi Cucciari si occupa da par suo di dissacrare sul medesimo palco di Sanremo la caricatura di trasgressione lì maldestramente allestita. Molto, molto meglio di chi s’inventa contrapposizioni inesistenti fra l’Italia di Belén e l’Italia della Fornero, come dire la farfallina contro le rughe, la sensualità contro l’austerità. Luoghi comuni grossolani, buoni forse per l’avanspettacolo in cui s’era ridotta la politica italiana precedente: ricordate l’insistenza con cui certi leader della destra proclamavano “le nostre donne sono le più belle, a sinistra sono racchie”?
Nessuno vieterà a Giovanni Gastel di fotografare Belén ignuda e a noi di riconoscerne la bellezza. Ma in futuro scommetto che l’operazione commerciale progettata in sequenza con quell’inguine e con la nostra dabbenaggine, darà esiti sempre più modesti. Le donne italiane stanno facendosi furbe, converrà adeguarsi.

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