La Grecia siamo noi

venerdì, 2 marzo 2012

Questo articolo è uscito su “Nigrizia”.
La sofferenza del popolo greco è accompagnata da un coro di virtuosa costernazione, un po’ come le esecuzioni capitali rappresentate come monito sulla pubblica piazza per educare il popolo al rispetto delle norme. Sottovoce il coro bisbiglia: “L’errore è stato imbarcarli nell’eurozona quando pur si sapeva che i loro conti pubblici erano truccati. Certo dell’Italia non potevano fare a meno né la Germania né la Francia, ma questa Grecia, a cosa serviva?”.
Poi sale di tono e parte il ritornello: “Ci dispiace per quella gente che soffre, ma i politici falsari non sono forse stati prescelti con libere elezioni dai greci stessi? Chi sbaglia paga! Più nessuno abbia diritto di vivere al di sopra delle proprie possibilità! Svalutino e si rimbocchino le maniche, ma non vedo perché dovrei pagare delle tasse in più per soccorrere degli evasori incalliti”.
Riecco l’adagio ma non troppo, voci sussurranti (con imbarazzo ma non troppo): “Tranquilli che il default greco è già stato scontato dai mercati. Abbiamo costruito un bel muro anticontagio, il firewall, i greci possono anche crepare ma i nostri risparmi non se li porteranno nella tomba come si temeva l’estate scorsa”.
Nessun applauso, suonerebbe male. Il disagio che ci assale osservando dei vicini di casa andare in rovina, deve semmai essere lenito con toni rassicuranti: “Sia ben chiaro che l’Italia non è la Grecia. Quel che sta succedendo a loro è brutto, ma a noi non potrebbe mai capitare. Perché siamo più ricchi. Perché siamo più virtuosi. Perché siamo meglio governati. Perché siamo troppo grandi. Perché…”.
A questo punto ci assale un lieve senso di vergogna: sono pur sempre un popolo a noi prossimo, mica una remota tribù africana. Ne condividiamo la civiltà. Ci guarderanno storto la prossima volta che andremo in vacanza nel loro splendido mare. E allora, scarichiamoci la coscienza: la colpa è mica nostra, noi per indole saremmo generosi. La colpa è di quei cattivoni di tedeschi, olandesi, finlandesi, austriaci. I nordici, insomma. Hanno quelle lingue dure in cui “debito” è sinonimo di “colpa”, cosa possiamo farci?
Così, alla fine, torna ad assalirci il dubbio che in coro ci sforzavamo di esorcizzare: e se la sofferenza dei greci costretti a pagare gli interessi su un debito che non estingueranno mai, peggiorando giorno dopo giorno la loro condizione, fosse il tragitto già segnato anche per gli italiani? Il finale ce lo cantiamo solo in cuor nostro: la Grecia siamo noi.

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