L’amico Putin

martedì, 6 marzo 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Vladimir Putin si è ripreso anche formalmente il bastone del comando sulla Russia. Gli è bastato un cenno perché il suo prestanome Dmitrij Medvedev docilmente si facesse da parte, restituendoglielo.
L’oligarca degli oligarchi, insediato al Cremlino dal 1999, nel frattempo non è più un semplice burocrate fuoriuscito dall’apparato dei servizi segreti sovietici: divenuto probabilmente uno degli uomini più ricchi del mondo, Putin incarna un modello di potere pre-politico e post-democratico con il quale il mondo intero sta facendo i conti. Brogli o non brogli, con i mass media asserviti e un poderoso blocco statale-militare-finanziario alle spalle, l’uomo forte è in grado di salvare pure le apparenze, vincendo le elezioni. Instaurando, cioè, un rapporto dominatore con l’opinione pubblica chiamata a vedere in lui l’ordine costituito, l’unica risposta possibile all’instabilità, in una parola: la potenza.
Impersonare la potenza per dare continuità all’anima della Grande Madre Russia, fecondandola col proprio seme maschile, è l’incombenza avvertita così essenziale da prevalere su qualsiasi moderna procedura democratica. Lo zar ha da essere in eterno, la democrazia è solo una moda occidentale, il potere per sua stessa natura rimarrà opaco. Così lo straordinario lusso che contraddistingue la cerchia di Putin, ben oltre i suoi guadagni formali, e l’ostentazione di vigore fisico fino alla diretta allusione sessuale, delineano il carattere di un personaggio che sbaglieremmo a valutare circoscritto nei pur vasti confini della Russia.
A questo punto dovrei soffermarmi sulla nuova opposizione che difficilmente consentirà a Putin di rimanere per altri due mandati presidente della Federazione Russa, fino al 2024, quando avrà “solo” 72 anni (ne aveva 49 quando salì al vertice del Cremlino). Proviamo ammirazione per il blogger anti-corruzione Aleksej Navalnyj e gli altri coraggiosi che hanno trasferito dalla virtualità del web alla realtà della piazza una protesta civile di esemplare dignità. Ormai è chiaro che il potere ne sarà condizionato, lo zarismo era in grado di schiacciare col suo stivale società arcaiche, prevalentemente rurali, diverse dalla Russia contemporanea. Eppure, con tutto il rispetto, considero l’intellighenzia democratica e la gioventù ribelle che si manifestano a Mosca e San Pietroburgo come l’elemento più prevedibile di questo braccio di ferro, già costato la vita nel 2006 a una grande giornalista come Anna Politkovskaja.
E’ la natura misteriosa del potere di Putin a lasciarci interdetti; non tanto per i suoi richiami antichi all’impero che non smette di sentirsi pari agli Stati Uniti, pronto a sfruttarne di nuovo il declino: quanto per la natura del potere che preconizza ovunque nel nostro futuro.
L’”amico Putin” è già stato mitizzato in Italia come entità che agisce sullo sfondo, da cui ci si reca in viaggi mai ufficiali, circondati da leggende esagerate ad arte, con cui si realizzano affari offshore indicibili, cui si deve restare fedeli anche se ciò insospettisce i nostri alleati atlantici. L’”amico Putin” è la politica del più forte o del più ricco che si prendono lo Stato calpestando le precauzioni della democrazia. E’ la non-legge della giungla applicata alla megalopoli contemporanea, con sguardo d’acciaio senza timore di apparire feroce.

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