Il tesoriere dei tesorieri e il caso Lusi

mercoledì, 21 marzo 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Il tesoriere dei tesorieri della politica italiana resta sempre lui: Ugo Sposetti. E pazienza se da un lustro gli tocca amministrare soltanto il patrimonio di un partito che ufficialmente non esiste più, erede del vecchio partito comunista disciolto nel 1990 e malvolentieri confluito nel Partito democratico nel 2007 dopo un paio di denominazioni modificate. Sposetti se li mangia tutti, gli altri tesorieri: finiti sui giornali per distrazione di fondi come nel caso della Margherita, per investimenti all’estero come nel caso della Lega, o per compravendita disinvolta di case com’è successo in Alleanza nazionale. Lui non ha mancato di profittare delle debolezze di simili colleghi per tirarseli dietro, quando doveva fronteggiare un debito mostruoso cumulato dai suoi predecessori. Con silenziosi blitz parlamentari ha ottenuto che quadruplicassero i rimborsi elettorali spettanti a tutti i partiti; in seguito prolungati per tutta la legislatura anche se nel frattempo la si fosse interrotta, e cumulativi fra partiti vecchi e nuovi.
Non potendo più contare sul sussidio di un manager “rosso” come Giovanni Consorte, né su un banchiere “trasversale” come Cesare Geronzi, né su imprenditori della sanità “convenzionati” come gli Angelucci, al povero Sposetti non restava che ricorrere ai soldi pubblici per ripianare il debito privato del suo vecchio partito, salvaguardandone così l’enorme patrimonio immobiliare. Ce l’ha fatta, complimenti: tutti gli italiani hanno pagato la loro parte, volenti o nolenti, per eliminare le ipoteche che gravavano su quelle sedi intestate ad apposite fondazioni, rimaste fuori dal controllo del Pd.
Peccato che il dirimpettaio di Sposetti, cioè il tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, non avesse debiti da pagare. Sicché il partito-fantasma da lui amministrato ha cumulato una settantina di milioni di euro dopo il suo scioglimento ufficiale. Niente di illegale, ma certo una tentazione irresistibile. Per colpa di Lusi tanti stimati politici italiani sono costretti a parlare del vil denaro di cui dispongono, elargito loro con generosità imbarazzante dalle casse dello Stato. Milioni come noccioline: Rutelli s’infuria con Lucia Annunziata e insiste a chiedere cosa ci sia di male se una sua fondazione semiclandestina riceve bonifici dalle casse del partito-fantasma di cui è rimasto guarda caso presidente (e pazienza se nel frattempo lui ha cambiato schieramento). Naturalmente l’andazzo è quasi identico negli altri partiti, vecchi e nuovi, di destra e di sinistra. Ciò che costringe Sposetti a riconoscere che l’omertà dei capi danneggia la credibilità dell’intero sistema finanziato con soldi pubblici. Ma non gli impedisce di rispondere a Luca Telese de “Il Fatto” che lui, Ugo Sposetti, di soldi ai partiti ne darebbe ancora di più.
Ma dove vive il tesoriere dei tesorieri? Possibile che abbia dimenticato il tempo in cui i funzionari del suo partito vincolavano il proprio reddito alla paga base di un operaio metalmeccanico? Perché deve fingere di non vedere lo spreco e il cumulo di patrimoni nascosti generato nei fortilizi della politica italiana dalle normative fortemente da lui volute?
O forse si illude che elargendo altri soldi pubblici ai partiti si tamponerebbe la corsa dei capicorrente a farsi la loro fondazione personale, con cui attrarre il di più dei contributi privati? Gli suggerisco la lettura di un libro-inchiesta di imminente pubblicazione, “Il sottobosco” (editore Chiarelettere) di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa. Dove si parla molto degli uomini che finanziano la Fondazione Italianieuropei, certamente non ignota a Sposetti. Poi ne riparliamo…

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