Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Suscita generale rispetto la sfida in atto fra due donne protagoniste della scena politica italiana, mi verrebbe da dire fra due madri: Elsa Fornero e Susanna Camusso. Nessuno si permette di ironizzare sul loro conto, né tanto meno di contestare la loro autorevolezza, pur nell’aspra contrapposizione. Perché? Perché l’oggetto del contendere non è meramente simbolico o ideologico, come pure molti commentatori insistono a sostenere.
Con i licenziamenti non si scherza. Mai. E in particolare di questi tempi. Quella comunicazione scritta in linguaggio asettico per formalizzare l’interruzione unilaterale del rapporto di lavoro a far data dal…, con o senza distinti saluti, è sempre un trauma personale per chiunque la riceva. E’ spesso un motivo di vergogna da tenere nascosto finché possibile agli amici e ai vicini di casa. Altrettanto spesso è fattore di destabilizzazione dei rapporti interni alla famiglia del licenziato. Tante famiglie, troppe.
Per quanto il ministro Fornero si affanni nel ricordarci che la riforma del mercato del lavoro è provvedimento molto più vasto, non a caso l’attenzione generale si concentra su quella deroga fondamentale all’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Non a caso lei stessa lo definisce “un principio-base” cui il governo non intende rinunciare: l’abolizione del reintegro per i licenziamenti economici. Tramite il giudice si potrà richiedere un indennizzo, ma non di continuare a lavorare nel posto da cui eri stato allontanato.
Lascio a voi argomentare pro e contro questo principio-base assunto come imprescindibile dal governo Monti e definito inaccettabile dal Partito Democratico, rinviando la resa dei conti a un confronto parlamentare. Per il momento mi basta riconoscere con voi l’importanza del nodo da sciogliere su cui stanno delineandosi due leadership femminili dalle caratteristiche inedite per il nostro paese.
Elsa e Susanna, due madri, appunto, rigorose innanzitutto con se stesse: entrambe hanno intrapreso attività di ricerca e impegno non meramente carrieristico, che risultassero esemplari ai figli cui veniva sottratto tempo di cura; entrambe si presentano come interpreti di una responsabilità collettiva. Per questo entrano in collisione, fino a provare dispetto l’una nei confronti dell’altra, rifuggendo la complicità smaliziata di tanti negoziatori maschi al tavolo delle trattative.
Il ministro Fornero non si limita a riversare sugli interlocutori la sua carica pedagogica, con atteggiamento professorale. Essa incarna un’ideologia, con tutto l’animo del suo inconfondibile moralismo piemontese: sono qui a rappresentare la lungimiranza, cioè gli interessi dei nostri figli disoccupati.
La sindacalista Camusso a sua volta esercita con gravità una funzione materna, rivolgendosi alla politica di sinistra: richiama il Pd alla sua natura originaria, ai suoi vincoli esistenziali, al grembo del mondo del lavoro da cui fu generato.
Questo è il primo scontro vero del dopo Berlusconi, tale da dividere profondamente le forze d’opinione che pure hanno condiviso la nascita del governo Monti. Basti constatare la contrapposizione esplicita sull’articolo 18 fra i due grandi quotidiani, “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, sebbene ambedue filogovernativi. Ferruccio de Bortoli siede dichiaratamente al tavolo di Monti, condivide fino in fondo il destino incognito dei tecnici. “La Repubblica” rappresenta una passione politica non riducibile a tecnica.
E’ un progresso che siano due donne italiane, Elsa e Susanna, a rappresentare al meglio questo passaggio cruciale.