L’enorme divaricazione dei redditi che ha contraddistinto lo sviluppo economico è la causa della crisi? Non ci sono ancora abbastanza prove per affermarlo, mentre invece si moltiplicano gli indizi che l’eccessivo potere della finanza e dei grandi redditi ha bloccato una risposta efficace alla Lesser Depression iniziata nel 2008. E’ la tesi del capitolo firmato da Paul Krugman per “Occupy Handbook”, il manuale di Occupy, un volume appena pubblicato negli Stati Uniti che fornisce alcune chiavi di riflessione per il movimento che protesta contro il mondo piegato agli interessi dell’un per cento più ricco dei suoi cittadini. Secondo il premio Nobel del 2008 la persistenza nel perseguire politiche fallimentari ha molto a che fare con l’incremento della diseguaglianza. Da una paura la crescita esplosiva del settore finanziario ha permesso i mostruosi aumenti di reddito per le fasce più ricche della popolazione. Dall’altra parte, questo trasferimento di ricchezza verso l’alto ha avuto anche un impatto politico, dato che grazie alla propria forza finanziaria il cosiddetto 1% ha spinto per sempre più deregolamentazione finanziaria. L’impatto ideologico creato dalla disuguaglianza non si è esaurito nel 2008, ma anzi è proseguito. Paul Krugman parla della vicenda americana, ma le analogie con l’Europa delle destre – la Merkel è di fatto la portavoce della grande industria tedesca – sono numerose. Dopo Lehman Brothers la realtà si era trasformata nel mondo keynesiano, e per uscire dalla crisi sarebbero servite le teorie dell’economista britannico, che postulano un ruolo maggiore del governo capace di colmare il gap di domanda aggregata creato dalla recessione. L’ostilità verso Keynes da parte dei ceti più ricchi e dei loro partiti di riferimento però ha impedito l’implementazione di una simile ricetta economica. Nonostante che lo stesso Keynes, di formazione liberale, descrivesse la propria teoria come piuttosto conservatrice, le destre hanno sempre temuto che un ruolo positivo dello Stato nell’economia potesse incrinare il mito del mercato e la loro narrazione conservatrice, facendo scivolare la società nel socialismo. Ecco spiegato il motivo di una così marcata ostilità ideologica, che giustifica anche clamorosi errori di valutazione, come quelli del premio Nobel Lucas, che pensava che l’economia non dovesse più approfondire le risposte da dare alle depressioni, perché non si sarebbero più verificate. Krugman conclude rimarcando come la disuguaglianza ha avuto un ruolo nel creare la crisi per la spinta continua verso la deregolamentazione dei mercati. E’ però evidente secondo l’editorialista del New York Times che grazie alla disuguaglianza chi ha potere nella società ha usato la sua forza economica per impedire risposte keynesiane alla crisi, e che questo blocco ideologico sia stato rafforzato dal Medioevo della macroeconomia che ha negato idee sulle recessioni economiche già acquisite dalla dottrina accademica, rivalutando tutti gli errori analitici già commessi ai tempi della Grande Recessione. Il testo di Krugman, realizzato insieme alla moglie Robin Wells, è tratto dal libro “Occupy Handbook”, realizzato da Janet Byrne e pubblicato il 17 aprile negli Stati Uniti e nel Regno Unito per i tipi di Little, Brown Book Group. Contiene numerosi interventi di altri economisti, tra i quali il prestigioso Nouriel Roubini e l’ex ministro dell’Amministrazione Clinton Robert Reich.
Andrea Mollica