Non date la colpa a Carla, semmai all’orologio

mercoledì, 25 aprile 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Se il diavolo si nasconde nel dettaglio, io ho avuto la certezza che Nicolas Sarkozy andava incontro alla peggior batosta mai subita da un presidente francese in carica subito dopo il suo comizio di place de la Concorde, domenica 15 aprile a Parigi. Tutto per colpa di un orologio Patek Philippe da 55 mila euro, regalo della sua Carlà. La scena, purtroppo, ha fatto il giro di Francia: monsieur le president che stringe le mani protese da una folla di sostenitori, ma poi ritira la sua e lesto slaccia il prezioso gioiello meccanico e se l’infila in tasca, prima di riprendere il contatto fisico con il suo popolo.
Povero Sarkozy, quanti significati racchiusi in uno sciagurato gesto di destrezza, oltretutto comicissimo. Il populista impopolare che diffida dal contatto con il popolo. L’arricchito che dissimula malamente il privilegio, abituato com’è a vivere in un altrove dorato. Perfino la moglie italiana, l’incolpevole Carla Bruni, ammutolita nel suo fascino perché non è bene ricordare ai francesi arrabbiati da quale mondo dorato ella provenga; che dissimuli in ossequio alla convenienza del marketing istituzionale l’emancipazione di cui è stata protagonista.
Ora per tentare una rimonta disperata nel ballottaggio, Sarkozy è chiamato a distaccarsi ancor più dall’icona progressista rappresentata da una moglie cosmopolita del jet set. Non che a lui manchi la disinvoltura per svoltare a destra, fin là dove la memoria antifascista del generale Charles De Gaulle, il fondatore del gollismo come destra democratica, mai avrebbe consentito. Violerà la ferrea linea di confine che aveva impedito fin qui ai suoi predecessori di instaurare un’alleanza con la Francia reazionaria e xenofoba del Front National? L’uomo che si sfila il Patek Philippe ne avrebbe certo la disinvoltura. Ma è il vittorioso elettorato di estrema destra, io credo, restio a una tale concessione di credulità. E sospetto che a prendere le distanze da un Sarkozy grettamente destrorso sarebbe per prima la di lui consorte.
Certo non era mai successo che un presidente della Quinta Repubblica subisse un’onta così plateale dopo il suo primo mandato. Si era illuso di conservare una parvenza di grandeur attaccandosi alle sottane della Merkel, la quale aveva convenienza a simulare un rapporto paritario franco-tedesco nel mentre che sottometteva l’Eliseo. In Francia se ne sono accorti tutti, a destra come a sinistra. E non glielo perdonano. Un paese orgoglioso fino all’altezzosità vive l’impoverimento dovuto alla recessione senza nulla voler concedere alla dogmatica dei mercati finanziari anglosassoni. Così Sarkozy e il suo Patek Philippe si sono trovati spiazzati in una campagna elettorale tutta orientata contro i super-ricchi e contro la speculazione.
Chi pensava di liquidare come flaccido budino il vincitore del primo turno, il socialista Francois Hollande, sopravvalutando l’importanza delle prestazioni mediatiche nella scelta di un capo per il paese, deve essersi dimenticato un piccolo dettaglio: Hollande aveva già vinto le primarie, non era un mero candidato di ripiego. Se in una Francia che si radicalizza a destra, alla fine vincerà la gauche, è perché il populismo ha già dimostrato negli ultimi cinque anni di avere le gambe corte.
Buon segno, anche per il futuro dell’Italia.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.