Steinbrück: il capitalismo va domato

giovedì, 3 maggio 2012

La grande crisi che ha colpito l’Europa e il mondo occidentale negli ultimi anni non è stata in grado di fermare il predominio del mercato e delle ricette neoliberiste, affermatesi con il crollo dell’Unione Sovietica. La Germania e l’Europa devono ridare nuova vita al concetto di economia sociale di mercato, riportando l’uguaglianza al centro del dibattito politico, ed introducendo riforme economiche ispirate a questo principio. Peer Steinbrück, ex ministro delle Finanze nel primo governo Merkel di grande coalizione, e possibile candidato  Cancelliere della Spd , espone sull’autorevole Die Zeit la sua analisi e la sua proposta per uscire dall’eurocrisi che sta mettendo in discussione l’intero progetto di integrazione europea. Steinbrück parte dal passato per affrontare il presente, rimarcando come il fallimento sovietico abbia favorito l’avvento della rivoluzione liberista che ha posto le basi della presente crisi. Nell’attuale mondo multipolare, si confrontano diversi modelli di sviluppo, il turbocapitalismo angloamericano, il capitalismo sfrenato a basso controllo statale della Cina o l’economia di mercato temperata in senso socialdemocratico di stampo europeo. Il leader della Spd evidenzia come l’Unione Europea manterrà la sua posizione di preminenza solo se sarà in grado di risolvere la crisi della sua moneta approfondendo l’ integrazione comunitaria e costruendo nuove strutture capaci di essere sostenibili nel lungo periodo. Un futuro europeo che deve innovare, riformandolo negli strumenti ma mantenendone fermi i principi, il modello di economia sociale di mercato che, come sottolinea Steinbrück, ha regalato un lungo periodo di benessere. “Nessuno contesta, che noi dobbiamo ringraziare l’economia sociale di mercato se da sessanta anni c’è una stupefacente e storicamente unica miscela di benessere economico, coesione sociale e libertà individuale nonostante alcune mancanze e squilibri. Nonostante la crisi del sistema bancario e finanziario le continue lodi al valore per gli azionisti, la fissazione per i bilanci trimestrali e le rendite a breve termine, la spinta continua alla privatizzazione dei servizi comunali e statali, il discredito dello Stato sociale come inutile zavorra economica, la deriva nella redistribuzione dei redditi e dei patrimoni non si sono fermate ma al contrario aumentate in questo periodo.” L’ex ministro delle Finanze del primo governo Merkel evidenzia come le élite non difendano più il modello sociale europeo, ma spingano per un’ulteriore trasformazione liberista della nostra società. Tutto questo mentre le disuguaglianze continuano a crescere. In Germania la retribuzione media dei top manager è salita a cinque milioni di euro l’anno. Mentre venticinque anni fa il rapporto tra la retribuzione del vertice aziendale e del dipendente medio era di 20 a 1, ora è salito a 100 a 1, mentre negli Stati Uniti si passati da 42 a 1 a 300 a 1. Steinbrück ritiene inspiegabile il  perché le élite economiche non si chiedano autocriticamente quale sia il vero rapporto tra le loro retribuzioni e quelli dei loro dipendenti, come altrettanto immotivata è la continua lamentela per un’eccessiva tassazione delle aziende. Allo stesso modo nessuno evidenzia quanto sia cresciuta la disuguaglianza nella nostra società, incrementata anche per la minore tassazione dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro. Il sistema finanziario che ha favorito questa enorme redistribuzione verso l’alto non ha però pagato il vero conto della crisi, e la sua stabilizzazione è stata effettuata con i soldi di tutti i cittadini. Ecco perché il leader socialdemocratico ritiene indispensabile una tassa sulle transazioni finanziarie che segnalerebbe ai contribuenti che non sono i soli a pagare il costo dell’eurocrisi.  Oltre ai falsi miti sui ricchi che contribuiscono con le loro tasse ad una parte significativa del gettito fiscale, Peer Steinbrück sottolinea la potenziale minaccia della precarizzazione del mercato del lavoro. L’incremento del lavoro a termine o dell’interinale, l’abuso degli stage rende meno stabile e coesa la società. Ecco perché “ chi vuole mantenere e rafforzare il nostro modello sociale ed economico, deve domare le forze che portano alla degenerazione del capitalismo, introducendo nuove regole soprattutto nei mercati finanziari. Oltre a questo, è necessaria una politica fiscale che si contrapponga alla crescente disuguaglianza dei redditi e crei i mezzi finanziari per sostenere il fattore chiave del benessere e dell’integrazione sociale, la formazione”. Salari minimi, stessa retribuzione per chi è assunto e chi svolge mansioni precarie, uguale stipendio per le donne che fanno il medesimo lavoro dei loro colleghi maschi. “Queste sarebbero risposte per fermare lo sviluppo distruttivo del mercato del lavoro”. Le classi dirigenti dell’economia devono utilizzare il criterio del merito anche per se stesse, e il legislatore deve intervenire se non lo rispettando concedendosi retribuzioni non adeguate all’effettiva prestazione. E infine a causa dell’attuale pressione demografica bisogna assicurare le basi finanziarie dello Stato sociale, facendo sì che il benessere attuale non vada a discapito delle future generazioni. Peer Steinbrück conclude dicendo che “per il rapporto tra politica ed economia, tra Stato ed economia, vale l’antica frase di Karl Schiller, ministro delle Finanze della Germania dal 1966 al 1972, che diceva quanto più mercato sia possibile e quanto più Stato sia necessario.”

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