Il populismo nega la democrazia

giovedì, 10 maggio 2012

Il populismo è cresciuto molto nell’Europa di questi anni. Anche prima della crisi dei debiti sovrani, partiti dichiaratamente populisti si sono affermati sul suolo continentale. Dalla Lega Nord ai liberali di Haider, fino all’esplosione di Marine Le Pen e di Geert Wilders in Francia e Paesi Bassi. Dopo essere stati il simbolo della protesta anti globalizzazione, queste formazioni sono arrivate al governo, fino a dominare il panorama politico del loro paese come ha fatto Fidesz in Ungheria.
Die Zeit pubblica un interessante articolo, ripreso anche da Internazionale, di un professore di Teoria Politica all‘Università di Princeton, Jan-Werner Müller, che fa luce su questo tema, analizzando l’avanzata inarrestabile del populismo in questa fase acuta di eurocrisi. Una crescita che sembra inarrestabile, come mostrano gli ultimi risultati delle elezioni continentali, dalla Francia, alla Grecia, alla stessa Italia.

Quello che unisce veramente i populisti, è l’immagine di un unico popolo moralmente puro, danneggiato da forze esterne che lo danneggiano nello stesso momento. Da una parte ci sono le elite corrotte o quantomeno distanti dal sentire dei cittadini, dall’altro gli estranei al corpo in senso letterale, le minoranze etniche o religiose, soprattutto gli immigrati. Entrambi non sono leali alla Nazione. Le Elite appartengono al potere interazionali, le minoranze invece hanno altri valori nel cuore rispetto al Popolo, per esempio l’Islam.

Ecco allora dove nasce il pericolo, perché populista è colui il quale si auto-elegge come difensore del popolo tutto. L’uomo, in casi estremi come con Chavez, oppure le formazioni politiche che si sentono investite del dovere di correggere i torti e dettare il giusto. Quello che i populisti ritengono giusto subisce così una profonda trasformazione, perché diventa volere popolare, non più discutibile, in quanto pura espressione del corpo che dà piena legittimità all’edificio democratico. Si pensi al primo articolo della Costituzione italiana, oppure la stessa scritta che sta incisa sulle porte del Parlamento tedesco “Dem deutschen Volke”, cioè “Al popolo tedesco”. La minaccia della forza esterna, che rappresenta il tradimento di ciò che vuole il popolo, è però essenziale, perché è sulla paura che il populista costruisce la sua fortuna, elettorale e simbolica, individuando un nemico comune da additare sulla pubblica piazza, o gogna mediatica nei nostri tempi. In definitiva, secondo Jan-Werner Müller, i populisti non sono solo illiberali, ma anche apolitici, perché negano l’essenza stessa della democrazia

I cittadini, rimarcava Hannah Arendt, sono politicamente uguali, ma diversi nei loro pensieri. Per questo devono poter discutere pacificamente su quale sia il bene comune, prima di poter agire insieme. Se però non c’è più bisogno di discutere perché c’è chi si arroga la pretesa di rappresentare il popolo, allora finisce la politica, che muore senza pluralismo.

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