Dedicato a quelli come Guido Crosetto

mercoledì, 16 maggio 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.

Tocca difenderla, Nicole Minetti. Eh sì, perché man mano che incede il processo Ruby sulle serate chez Berlusconi trasformate in “puttanaio” –parola testuale adoperata in aula dalla sua amica testimone Melania Tumini- fra i signori politici maschi che difesero sfacciatamente il diritto del loro presidente a divertirsi in maniera così elegante, ora scatta per l’appunto il più odioso ma prevedibile dei riflessi misogini: dagli alla puttana!
Non occorre aver letto Nathaniel Hawthorne e la sua “Lettera scarlatta” per riconoscere il meccanismo della stigmatizzazione mirata a colpire la femminilità vista come spregiudicata e tentatrice per sua natura satanica. Basta constatare la bassezza d’animo con cui gli stessi parlamentari che un anno fa fingevano di credere alla Ruby salvata dal premier in quanto la riteneva nipote di Mubarak, oggi manifestano la loro dissociazione perbenista. Così le deposizioni in Tribunale delle giovani testimoni e l’audio delle telefonate preparatorie di quelle “cene eleganti” sembrano fatti apposta per enfatizzare il ruolo di Nicole Minetti, relegando nell’ombra i suoi coimputati Emilio Fede e Lele Mora. Per non parlare dell’imputato in procedimento correlato (prostituzione minorile) Silvio Berlusconi. Chi se non lei indossava i travestimenti più osé durante gli spogliarelli, manifestava zelo nella lap dance e ferreo spirito organizzativo nella gestione dell’harem?
La pubblica piazza si attenderebbe quindi dalla derelitta issata alla ribalta per lo meno che arrossisca, chinando umile il capo nella resipiscenza. Dimentica, la pubblica piazza, che la reazione di una giovane donna alla gogna può manifestarsi esattamente di segno opposto; con la fronte alta e lo sguardo fisso della perdizione: “Non provo nessun imbarazzo, non ho nulla di cui vergognarmi”, ha mormorato Nicole Minetti alla selva di microfoni che la circondavano in Tribunale.
Sciagurata! Doveva pur aspettarselo che il vile sputo, l’insulto grossolano sarebbero giunti alla fine proprio dalla parte dei servitori del suo medesimo padrone: “Sono disposto a dare parte del mio stipendio per fare a meno della Minetti. Perdiamo voti anche senza la Minetti, ma diciamo che lei aiuta. Paghiamola, facciamo una colletta per darle un vitalizio così ci toglie dall’imbarazzo”. E’ la dichiarazione rilasciata dall’onorevole Guido Crosetto, deputato piemontese del Popolo della Libertà, nonché ex sottosegretario alla Difesa nel governo di destra, ai microfoni de “La Zanzara” su Radio 24.
Ora io vi sfido a trovare un solo accenno di rilievo critico esternato da questo maramaldo Crosetto nel 2010, cioè quando la Minetti fu candidata al consiglio regionale della Lombardia (quell’altro coraggioso di Formigoni spiega di averla messa in lista dopo una telefonata di don Luigi Verzè che garantiva per lei: facile scaricare le responsabilità sui morti). Ancora nel novembre scorso nello studio romano de La7, di fronte a una giornalista che gli ricordava le spogliarelliste messe in lista da Berlusconi, sapete come riuscì a rispondere il medesimo Crosetto? “L’argomento che devo usare con te lo sai qual è… E’ che a te non ti spoglierebbe nessuno”.
Ricordatevi il suo nome, Guido Crosetto. L’uomo che vorrebbe pagare un vitalizio alla Minetti per poter ripetere un’altra volta “questa donna pagata io l’ho”; ma dalle cui labbra state pur certi non s’è udito neppure un ancorché timido richiamo al datore di lavoro della Minetti o, per usare il suo linguaggio, all’utilizzatore finale della medesima. Ricordatevelo: nella volgarità di un singolo Crosetto si riconosce la codardia di un intero branco di servitori maschi

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