Ahimè, non vedo che dubbi ci siano

sabato, 19 maggio 2012

Con tutta la buona volontà di minimizzare appigliandosi al dettaglio delle bombole di gas e dello squilibrato cane sciolto, ahimè, io non riesco a distogliere l’attenzione dai messaggi fin troppo evidenti dell’attentato di Brindisi: la data, il luogo e l’obiettivo. La data: alla vigilia del ventesimo anniversario della strage di Capaci, 23 maggio 1992. Il luogo: di fronte a una scuola intitolata a Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, il giorno prima dell’arrivo della Carovana antimafia di Libera. L’obiettivo: seminare di nuovo il terrore con il massacro di ragazzi innocenti, farci rivedere quei corpi feriti a terra dopo l’attentato. Cosa altro serve per fugare i dubbi? La storia italiana purtroppo ci insegna che nei momenti cruciali, quando si prefigura una transizione e si manifesta un potenziale vuoto di potere, scatta una strategia della tensione in cui si rivela la connivenza fra la criminalità organizzata e i suoi infiltrati nelle istituzioni.
Temo che stiamo vivendo uno di questi passaggi. Cioè che vi siano forze pronte a terrorizzarci perfino con crimini abietti come quello perpetrato oggi a Brindisi per conservare il loro predominio, tuttora più esteso di quanto non si immagini.
Domani mattina alle 11 sarò al Teatro Carignano di Torino, nell’ambito di Biennale Democrazia, per discutere con Andrea Casalegno, Giancarlo Caselli e Piero Fassino della violenza politica degli Anni Settanta. Ma non potremo certo prescindere da questa verità storica angosciosa, l’Italia paese delle stragi impunite, che di nuovo ferisce la nostra democrazia. Che dubbi possono esserci?

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