La minaccia più significativa sul futuro dell’euro è il collasso del sistema creditizio spagnolo. Le banche iberiche hanno bisogno di moltissimi soldi – tra i 100 e i 200 miliardi di euro – per poter superare la svalutazione dei loro asset, causata in particolare dal buco nero nel quale è sprofondato l’intero segmento immobiliare del paese dopo lo scoppio della bolla. La Germania, secondo ripetute indiscrezioni di stampa affannosamente negate dal governo di Madrid, vorrebbe che l’esecutivo Rajoy ricorresse al fondo salva euro ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità) che entrerà in vigore a inizio luglio. La Spagna però si oppone, ed ancora una volta lo stallo sembra la parola più facilmente associabile all’euro e alle sue istituzioni. I motivi del diniego iberico risiedono principalmente nel funzionamento del fondo ESM. I crediti concessi da questo nuovo istituto sono di tipo senior, ovvero vanno rimborsati prima di tutti gli altri concessi dalle altre istituzioni finanziarie. Nella situazione attuale, con gli investitori sempre più propensi a lasciare i paesi in crisi dell’eurozona, ciò potrebbe provocare una vera e propria fuga dai titoli di Stato spagnoli, provocando un rialzo del costo del debito, già arrivato a livelli altissimi. Per la Spagna l’accesso ai mercati internazionali potrebbe così rivelarsi impossibile nei prossimi mesi ed anni, come già capitato a Grecia, Portogallo ed Irlanda. Inoltre, l’accesso ai crediti ESM significa sottomettersi alla volontà di questa istituzione, che decide a maggioranza qualificata, e che sostanzialmente commissaria il paese al quale concede i prestiti. L’intervento del Meccanismo europeo di stabilità vorrebbe dire la fine, sostanziale, del governo Rajoy, a soli sette mesi dalla sua vittoriale elettorale. Ecco perché il governo conservatore punta ancora le sue carte su una riforma del sistema bancario europeo, con l’adozione di un fondo a garanzia dei creditori che valga per tutte gli istituti finanziari continentali, quelli iberici ovviamente inclusi.