Non ridete di noi se la storia si è capovolta

venerdì, 8 giugno 2012

Questo articolo è uscito su “Nigrizia”.
Mi rivolgo ai lettori d’oltremare di “Nigrizia”, quelli che in una visione forse anacronistica m’immagino lieti di ricevere il giornale nella loro lingua madre, cellophanato, laggiù in una missione africana sperduta, con la posta che arriva un po’ quando le pare (e magari invece sono i più attrezzati per seguirci sul web). Voglio dirvi, cari amici di laggiù, che il mondo si sta capovolgendo. Ma promettetemi che non riderete di noi, altrimenti non vado avanti. Vi autorizzo al massimo qualche sghignazzata nascosta con i bambini che vi ronzano intorno, meglio se in un’aula scolastica.
Sì, perché questa è una lezione della storia che loro capiranno al volo, mentre quassù si fa ancora parecchia fatica a ammetterla. Dunque, la notizia è questa: da un po’ di tempo, senza che ce ne accorgessimo, i famosi organismi finanziari sovranazionali cui è delegato il coordinamento armonioso dell’economia mondiale, hanno cominciato a trattare noi europei né più né meno come i cosiddetti paesi arretrati, definiti per educazione “in via di sviluppo”.
Per primi sono stati i nostri vicini greci a imparare e a temere il nuovo significato di una parola russa, Troika, che tradotta in pratica significa: ordini piovuti dall’alto. La Troika è composta da uomini invisibili ma evidentemente molto potenti perché parlano a nome, nientemenopopodichè, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e della Commissione dell’Unione Europea. Quante maiuscole, e quante città importanti: Washington, Bruxelles e Francoforte. Mancano solo New York, Londra e Berlino, ma state tranquilli che sotto sotto ci sono anche loro nella Troika.
Gli uomini invisibili della Troika sono per l’appunto uomini, non demoni. Direi piuttosto semplici funzionari. Laggiù in Africa, ma anche in America Latina e nelle contrade povere dell’Asia, li avrete visti ogni tanto fotografati mentre scendono dalla scaletta dell’aereo con una valigetta in mano, accolti con riverenza dagli stessi governanti locali che di solito si mostrano arroganti di fronte alla loro popolazione.
Ma il bello (o il brutto, fate voi) è che questi funzionari recano con sé ricette e prescrizioni del tutto simili a quelle che negli anni passati hanno condotto al fallimento le economie “in via di sviluppo”. Formulano severi Memorandum, recapitano lettere firmate da banchieri che in poche paginette riassumono dolorosi programmi di governo al cospetto dei quali i politici hanno una sola scelta: prendere o lasciare.
Allora mi viene un’idea. Invece di sghignazzare di noi, nuovi africani-europei di questo mondo alla rovescia, perché non dite ai ragazzini di scriverci anche loro un mucchio di lettere d’avvertimento? Il tenore potrebbe essere più o meno questo: “Fate attenzione, a seguire le istruzioni economiche di quei signori lì non è che si fa proprio una bella fine!”.

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