Lusi, ma non solo Lusi

martedì, 19 giugno 2012

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Può darsi che quando leggerete questo articolo il senatore Luigi Lusi sia già rinchiuso in un carcere, accusato di appropriazione indebita e associazione a delinquere per svariati milioni di euro sottratti alla Margherita, partito di cui era il tesoriere. Siccome quel partito l’ho votato e ho anche partecipato a varie manifestazioni cui m’invitavano (sempre rigorosamente gratis, anzi, pagandomi il biglietto per le trasferte), credo di avere titolo per dire ai suoi dirigenti che hanno perduto l’onore, insieme alla credibilità politica.
Perché se Lusi ha potuto rubargli tanti soldi sotto il naso, ciò si deve al fatto che loro si continuavano a spartire informalmente, senza controllo e senza resoconto, le risorse di un partito che ormai dal 2007 aveva cessato ogni attività. Approfittando di una legge che glielo consentiva perché insieme agli altri partiti se l’erano votata così, alla chetichella, nella Commissione affari costituzionali della Camera, senza nemmeno passare dall’Aula, il 26 luglio 2002, quadruplicandosi in un sol colpo le entrate e abbattendo i controlli. Profittarono del fatto che anche l’Italia dei Valori dell’astuto Di Pietro era piena di debiti, così come i Democratici di Sinistra, Forza Italia, Alleanza Nazionale e la Lega Nord.
Nel frattempo la geografia politica è cambiata, sono nati nuovi partiti, ma i notabili si sono ben guardati dallo sciogliere i partiti vecchi da cui gli affluivano finanziamenti aggiuntivi. Senza farne menzione con i cittadini che altrimenti si sarebbero arrabbiati.
Uno schifo generale ormai risaputo. Sul quale s’è innestato un caso divenuto noto (chissà quanti altri ce ne sono) di disonestà personale: Lusi a furia di firmare assegni per gli altri ha pensato di cominciare a intascarne e a farsi la bella vita.
Ora i vari Rutelli, Bianco, Letta, Franceschini, Marini, Fioroni, Bindi, Bianco pretenderebbero che l’opinione pubblica distingua Lusi che commetteva appropriazioni indebite da loro che invece i soldi della Margherita li usavano per far politica (Enzo Bianco, in particolare, ricevendo una paghetta mensile di cinquemila euro in aggiunta allo stipendio di parlamentare). Suppongo inoltre che i succitati dirigenti mal digeriscano i conti in tasca che andiamo facendogli perché, ricordano, pure altri partiti-fantasma come la Margherita continuano a usarli riuscendo a schivare l’indignazione generale.
Spiace dovermela prendere anche con persone che so integerrime come Rosy Bindi, ma è lei che se la cerca firmando comunicati ipocriti con i furbacchioni che autorizzarono Lusi a spartire ben 194 milioni di euro con opaca discrezionalità. Sabato scorso questi signori hanno riunito, con vergognoso ritardo rispetto all’esplosione dello scandalo, l’assemblea della Margherita. Ci sono arrivati senza fornire in anticipo un resoconto delle spese effettuate che gli associati potessero esaminare con la dovuta attenzione. Poi hanno stabilito che la loro discussione dovesse svolgersi a porte chiuse, senza pubblicità. Alla fine si sono sciolti (nell’ignominia) annunciando la decisione di restituire all’erario statale la bellezza di 5 (cinque) milioni di euro, dopo averne spesi circa 200 (duecento) senza giustificativi. Una scorpacciata, e il resto mancia. Almeno Arturo Parisi se n’è andato sbattendo la porta. Ma pensano davvero i protagonisti di questa storia che i cittadini possano fidarsi a riassegnare loro cariche pubbliche? Ogni volta che aprono bocca per parlare di economia, politica estera, giustizia, non dovremmo forse zittirli ricordando loro come hanno usato i soldi pubblici, senza neanche avvertire il dovere di fornirne un resoconto dettagliato a scandalo avvenuto?

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