Egitto: vince Morsi ma non è un disastro

domenica, 24 giugno 2012

L’elezione stavolta per via democratica di un esponente dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi, alla presidenza della Repubblica d’Egitto non è certo una buona notizia per l’Europa e l’Occidente. Si paga l’errore di una identificazione decennale con la casta militare che ha imposto con la forza la dittatura di Moubarak e che esce ridimensionata nel suo potere dal responso delle urne. Non credo di essere incosciente, però, se la vittoria di Morsi mi appare come un’opportunità piuttosto che una disgrazia. Egli dovrà fare i conti con le contraddizioni del suo credo integralista e con le scelte strategiche della politica estera egiziana, sia nei confronti d’Israele sia nei confronti dell’Europa. Meglio la vittoria di un ingegnere che ha vissuto negli Stati Uniti e poi ha conosciuto la galera in quanto dissidente, piuttosto che la riconferma di un gendarme erede di Moubarak. La svolta nel mondo arabo è in pieno corso, come dimostrano anche le manifestazioni pluraliste in piazza Tahrir al Cairo nelle settimane scorse.
Piuttosto è chiaro che sta affermandosi l’egemonia del modello islamista turco impersonato da Erdogan, non a caso accolto trionfalmente in Egitto poco tempo fa. La tensione di queste ore fra Turchia e Siria, con il coinvolgimento diretto della Nato, potrebbe segnar un punto di svolta anche nella tragedia di un popolo in rivolta contro la dittatura di Assad. Vi anticipo che domani all’Infedele potremo ragionarne con Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, con l’inviata Imma Vitelli e con la tunisina Ouejdane Mejri.

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