Il Pd è diventato il partito del rinvio?

lunedì, 16 luglio 2012

Non c’è questione significativa di linea politica, di scelta d’alleanze, di selezione della classe dirigente, su cui l’assemblea nazionale del Partito Democratico abbia deciso qualcosa d’altro che un rinvio. Non ha discusso nel merito di nulla. Dopo la relazione di Bersani, interventi contingentati da cinque minuti per evitare il pericolo di doversi confrontare veramente. La scusa è sempre la stessa: viviamo un momento d’emergenza. Di fronte a una controversia decisiva come quella sui codici giuridici della faniglia che in futuro il Pd al governo dovesse riformare, il segretario si è affrettato a liquidarla come “bega”, con la scusa che gli italiani stanno soffrendo la crisi economica. Ma mica penserete che allora si sia discussa l’opportunità o meno di approvare in Parlamento il Fiscal Compact (altra questione cruciale su cui la sinistra europea si confronta e democraticamente vota): quello lo si fa alla chetichella, per non compromettere gli equilibri politici. Infine c’era la questione delle primarie da fissare sia nella data che nelle regole. Troppo presto! Prima bisogna approvare la legge elettorale (quale? trattando con chi? derogando di quanto dai principi fissati?) e poi si vedrà: l’idea neppure tanto nascosta è di convocarle all’ultimo momento, come forma di propaganda in vista delle elezioni politiche. Così si riproporrà la scusa: non discutete troppo che il nemico è in agguato. Temoc he il Pd sia diventato il partito del rinvio e delle non scelte; e temo che questo suo limite si farà sentire nella scelta degli italiani più di quanto Bersani il temporeggiatore non immagini.

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