Lettera di Ceccanti con risposta

martedì, 17 luglio 2012

Il senatore del Partito democratico e valido politologo, Stefano Ceccanti, risponde nei commenti al post sul no di Hollande all’inserimento nella Costituzione francese del Fiscal Compact. Ecco cosa scrive Stefano Ceccanti, che ringrazio, anche a nome del titolare del blog Gad Lerner, per l’attenzione.

stefano ceccanti scrive:
17 luglio, 2012 alle 11:45 am [edit]

A livello parlamentare la discussiine c’e’ stata, non solo con le 4 letture parlamentari, ma anche prima, giungemdo a un ddl condiviso da pressoche’ tutti i parlamentari, primo firmatario bersani alla camera ed io al senato. Il punto e’ un altro, il trattato fiscal compact che contiene quell’impegno, a cui noi abbiamo adempiuto prima, vuole che la regola sia iscritta in una fonte del diritto che non si derogabile da leggi ordinarie successive. Il punto e’ che in germania e in italia puo’ farlo solo la Costituzione, invece in francia esiste una categoria intermedia la cosiddette leggi organiche che sono a meta’ strada tra le costituzionali e le ordinarie, prevalendo sulle ordinarie successive. Quel tipo di fonte in quel sistema e’ la piu’ adatta.

Il commento di Ceccanti mi pare efficace per quanto riguarda la differente natura dell’ordinamento legislativo francese, anche se su quel punto anche nella repubblica transalpina il dibattito è più che mai aperto. Il problema, però, è politico e su quello dissento dal senatore democratico. Il presidente Hollande ha voluto dare un profondo segnale con il suo stop alla “corsa” verso l’approvazione del Fiscal Compact, sottolineandone nell’intervista citata nel post precedente il carattere temporaneo. ” La regola d’oro, ossia il ritorno all’equilibrio di bilancio con programmi precisi non figura nella Costituzione perchè non è lì che deve trovarsi. La Costituzione – ha sottolineato – non e’ per qualche anno, è per sempre”. E’ vero, come dice Ceccanti, che nell’ordinamento italiano manca una legge che abbia un carattere simile alla legge organica, ma una ratifica costituzionale che “blinda” per sempre, o almeno per molti anni, la politica economica di un paese non merita una discussione più approfondita di un dibattito  all’interno dei gruppo parlamentari? Nell’appello promosso da Lanfranco Turci contro la “dittatura del bilancio” in Costituzione, firmato da economisti riformisti e rilanciato da Gad Lerner, si chiedeva la possibilità di avere un pronunciamento popolare su un tema così fondamentale. Questo appello non è stato oggetto di attenzione da parte del Pd, che su questo tema non ha rispettato le sue missioni costitutive, l’allargamento della partecipazione e l’apertura alla popolazione dei processi decisionali. Perché non lanciare un referendum almeno tra gli iscritti, invece che rincorrere un obbligo europeo con una simile fretta? La Corte costituzionale tedesca, è notizia di oggi, si è presa due mesi di tempo per deliberare se il trattato dei bilanci sia compatibile con la Legge fondamentale. Prima di questo passaggio, la Spd ha dedicato un congresso apposito al tema. Perché nel Pd non c’è stata questa sensibilità? Non è solo Ceccanti che dovrebbe rispondere, ovviamente, ma la sottovalutazione di un argomento così centrale è stato un errore gravissimo, sopratutto per una forza di centrosinistra, progressista, che col suo voto ha contribuito a vietare per legge il pensiero di Keynes. Una simile decisione avrebbe meritato una appassionata discussione politica che è mancata.

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