Olanda, il Fiscal Compact a giudizio

martedì, 11 settembre 2012

Domani si svolgeranno le elezioni anticipate nei Paesi Bassi, convocate dopo la rottura della coalizione tra liberali, democristiani e destra anti-immigrazione che reggeva il governo Rutte. L’esecutivo olandese, formatosi nell’autunno del 2010, è stato il più fedele alleato del Merkozy, proseguendo poi l’appoggio all’austerità di Angela Merkel quando la cancelliera ha perso il suo sodale francese. Proprio sulle politiche di rigore è caduta la strana alleanza tra destra democratica e la formazione populista di Geert Wilders, il leader olandese che ha costruito il successo del suo Partito per la Libertà grazie ad una feroce propaganda anti stranieri e contro i musulmani. La rottura tra Wilders e Rutte è avvenuto sui tagli delle pensioni pubbliche che sarebbero serviti per raggiungere l’obiettivo di un deficit al 3% del Pil indicato dal Fiscal Compact. Proprio la ratifica del trattato dei bilanci europei è diventata uno dei temi centrali della campagna elettorale. Le forze moderate – liberali e democristiani al governo, liberali di sinistra all’opposizione – si sono dichiarate favorevoli al sì al Fiscal Compact, mentre i socialisti di SP e il partito di Wilders sono contrari. Più sfumata è la posizione dei laburisti, che si sono dichiarati favorevoli a firmare il trattato solo se sarà possibile derogare dagli obiettivi di bilancio per i prossimi anni, che si preannunciano piuttosto difficili dal punto di vista economico. La sinistra riformista, grazie a questa moderata opposizione all’austerità, è riuscita a fermare l’avanzata dei Socialisti, che per lungo tempo sono stati in testa ai sondaggi oppure si trovavano poco sotto i liberali del premier Rutte, l’unico partito di governo che dovrebbe mantenere i consensi delle elezioni 2010. Secondo gli ultimi sondaggi ci sarebbe un testa a testa tra laburisti e liberali per la prima posizione, con i primi in forte rimonta grazie ai consensi anti austerità in uscita dai Socialisti di Emile Roemer.

Nei Paesi Bassi la legge elettorale è proporzionale senza sbarramento, e l’incarico di primo ministro verrà dato probabilmente allo stesso Rutte oppure al nuovo leader dei laburisti, il giovane Diederik Samson, ex attivista di Greenpeace succeduto abbastanza a sorpresa a Jeb Cohen, l’ex sindaco di Amsterdam noto per le sue politiche di integrazione multiculturali. Samson non condivide l’austerità finora implementata a livello europeo, e si è anche espresso a favore di una politica meno dura nei confronti della Grecia, concedendo ad Atene più tempo per il consolidamento fiscale. Per quanto riguarda le politiche interne i laburisti non propongono un rapido percorso verso il pareggio di bilancio, ma una via più graduale che punti all’equilibrio strutturale, ovvero corretto per il ciclo economico, nel 2017. E’ però probabile che i liberali di Rutte e la sinistra riformista di Samson si debbano alleare, magari con i liberali progressisti di D66, nella riedizione della Coalizione viola di Wim Kok di metà degli anni novanta, uno dei più celebrati modelli dell’allora in voga Terza Via. Benchè in questo momento le forze a sinistra del centro dello spettro politico olandese possano formare un governo – laburisti, socialisti, liberali progressisti, verdi e cristiano sociali – appare difficile che una simile coalizione possa nascere su basi solide.

L’economia olandese attraversa infatti un periodo piuttosto difficile, benché la situazione sia ancora di relativo benessere sopratutto rispetto agli altri paesi membri della Ue. Nonostante la disoccupazione sia poco sopra il 5%, il Pil si sta contraendo, e per i prossimi anni i deficit di bilancio potrebbero anche superare il 5%. I Paesi Bassi hanno un tasso di indebitamento privato tra i più alti d’Europa, ed la rapida discesa dei prezzi immobiliari lascia immaginare una possibile ripetizione dei crack irlandesi e spagnoli. Il governo olandese ha però il sistema pensionistico più solido d’Europa, ed uno dei più generosi, difeso con vigore anche dalla destra populista. I Paesi Bassi, grazie alla loro propensione al risparmio, possono contare inoltre su un un grande surplus nel conto delle partite correnti. Una situazione in chiaroscuro che rende incerto l’elettorato, che ha bocciato la destra di governo ma non che non pare pronto ad affidarsi completamente alla sinistra.

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