Nichi Vendola lo va ripetendo da mesi, anche come forma di riparazione all’irresponsabile scelta del 1998, quando fu tra coloro che fecero cadere “da sinistra” il primo governo dell’Ulivo: votare Romano Prodi alla presidenza della Repubblica nel maggio 2013. Naturalmente non posso che essere d’accordo, considerando Prodi per autorevolezza, coerenza personale e visione internazionale una figura ideale per ricoprire l’incarico di capo dello Stato. C’è un di più malizioso, nell’insistenza di Vendola, che non possiamo ignorare. Il leader di Sel si contrappone, almeno a parole, al tacito accordo fra Bersani e Monti secondo cui il primo andrebbe a Palazzo Chigi in caso di vittoria elettorale, e il secondo lo “garantirebbe” sulla scena internazionale dal Quirinale. Una sorta di governo di centrosinistra posto sotto tutela tecnocratica europea?
Per come lo conosco, Prodi non gradirà affatto una propaganda vendoliana che di certo non lo favorisce nella corsa al Quirinale, semmai lo danneggia. E però, ne sono sicuro, starà ridendo sotto i baffi che non ha per le uova che si rompono nel paniere comune di Bersani e Monti