Fassina al FT: sì a Monti, no a modifiche al Fiscal Compact

lunedì, 14 gennaio 2013

Sì ad una collaborazione con i centristi sostenitori di Mario Monti, no a modifiche al Fiscal Compact o alla golden rule sul pareggio in bilancio in Costituzione per rilanciare la domanda tramite la crescita della spesa pubblica. Stefano Fassina viene intervistato dal Financial Times, ed il responsabile economico del Partito Democratico illustra una politica economica ed europea piuttosto vicina all’attuale linea del governo tecnico. Alcune differenze emergono, ma come nota lo stesso titolo del Financial Times, i democratici italiani offrono un ramo d’ulivo, simbolo di riappacificazione, allo stesso Mario Monti, che nei giorni scorsi aveva polemizzato in modo aspro con lo stesso Fassina.

Il responsabile economico del Partito Democratico era stato accusato dal presidente del Consiglio dimissionario di essere un estremista, uno degli esponenti della “sinistra conservatrice” che blocca le riforme. Nel corso di un colloquio con il Financial Times, seguito di alcuni incontri con la finanza londinese, Stefano Fassina però loda il governo Monti per aver restituito credibilità all’Italia, rimarcando alcune convergenze sulla linea da tenere in futuro, ed aprendo ad una futura collaborazione tra lo schieramento di centrosinistra che fa perno sul Pd ed il rassemblement centrista. Il pareggio al Senato, ammesso nel corso dell’intervista come possibilità concreta, impone una collaborazione tra i due poli “europeisti” che si confrontano con il nuovo e vecchio populismo, incarnati da Grillo e Berlusconi.

Il responsabile economico democratico sottolinea di condividere la demarcazione delle scontro politico suggerita dallo stesso Monti, ovvero che in queste elezioni si confrontino “poli europeisti contrapposti a coalizioni o partiti populisti”. Secondo Fassina ” noi appoggiamo l’idea che la principale linea di divisione sia quella che separa i populisti dagli europeisti. Noi condividiamo anche i temi più importanti, ovvero le riforme costituzionali, le politiche pro Europa e l’esigenza per alcune riforme strutturali”. Il problema più importante per l’Italia è la crescita, una difficoltà resa ancora più acuta dal meno 2,4% del Pil del 2012. ” Se l’economia reale non si muove, avremo problemi sul lato fiscale e sulla sostenibilità del debito”.

L’europeismo del Pd rimarcato da Fassina si illustra nelle proposte “montiane” enunciate al Financial Times. ” Se il nostro partito andrà al governo non rinegozieremo il Fiscal Compact né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione. Non ci sarà nessun aumento della spesa pubblica deciso in modo unilaterale. Se agissimo in questo modo danneggeremmo il progetto europeo. Vorremo avere maggior spazio per politiche anti cicliche contro la recessione, ma da realizzare a livello europeo, non nazionale”. Per far sì che ci possa essere un rilancio degli investimenti pubblici da concordare a livello europeo, tramite la concessione di un maggior ruolo alla Banca europea degli investimenti e uno scorporo parziale dal calcolo per il deficit delle spese in conto capitale, Fassina apre all’idea di Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze, di istituire un super commissario alle Finanze che monitori i bilanci dei paesi membri. ” La residua sovranità fiscale dei parlamenti nazionali dovrebbe essere trasferita all’Europa”.

Fassina esprime infine alcune differenze rispetto alle politiche attuali. Dopo aver ribadito il sostegno a riforme strutturali che liberalizzino i mercati del settore assicurativo così come delle professioni, il responsabile economico del Pd nega l’esigenza di un’ulteriore modifica dell’articolo 18. “In Italia è già facile licenziare le persone. Non funziona l’applicazione della legge, ma per cambiare queste serve riformare il sistema giudiziario”. Fassina mostra inoltre scetticismo sulle politiche di svalutazione interna propugnate dalla Bce e dall’Europa per recuperare competitività dopo lo scoppio della recessione. ” Le esportazioni non sono sufficienti per rilanciare l’economia, serve anche la domanda interna”. Per il responsabile economico del Pd però la crescita dei salari non è la via per rilanciare la domanda. “In Italia le aziende hanno investito troppo poco negli ultimi anni, per questo bisognerà perseguire un rilancio della politica dei redditi per stimolare gli investimenti delle imprese”.

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