Spagna, la banca che diventa una mensa popolare

lunedì, 21 gennaio 2013

La violenza della crisi finanziaria ha colpito nel profondo la società europea, diventata di colpo più povera e timorosa del futuro. Le difficoltà economiche hanno però risvegliato la cittadinanza attiva, che sta attivando virtuosi percorsi di solidarietà per mitigare i drammatici effetti prodotti da recessioni così prolungate. Una rinascita delle società di mutuo soccorso adattate all’epoca post industriale. Un esempio di questa nuova vitalità che nasce dalla disperazione sociale viene da una delle regioni più povere della Spagna, l’Andalusia, dove lo scoppio della bolla immobiliare ha provocato guasti enormi. A Malaga, una rete di associazioni, comitati, sindacati ed organizzazioni non governative gestisce una mensa per i più poveri che viene ospitata nella sede ormai abbandonata di una banca.

La storia della banca trasformata in mensa per i cittadini disagiati è raccontata dall’edizione odierna de “L’Unità”, in un bell’articolo scritto da Virginia Negro. Il pezzo parte dalla contestualizzazione della drammatica crisi  che ha travolto la Spagna. Da quando è scoppiata la burbuja immobiliaria (bolla immobiliare) ogni giorno vengono effettuati in media 500 sfratti delle persone che non possono più pagare le rate del loro mutuo. La casa comprata viene requisita ai creditori incapaci di onorare il loro debito, che deve comunque essere estinto. L’alta disoccupazione e l’incapacità dell’economia spagnola di offrire nuove opportunità a chi ha perso il proprio posti di lavoro ha fatto scivolare nella disperazione migliaia di persone, che hanno perso la loro dimora e non riescono più a pagare il loro mutuo.  La conseguenza di questo dramma abitativo è stata un aumento esponenziale dei casi di suicidio. Ada Colu, coordinatrice della Pah, l’associazione che riunisce gli sfrattati, non esita a definire questa lunga teoria di morti come “un genocidio finanziario”.

L’Andalusia è la regione che detiene il triste record di morti legati alla crisi. Solo a Malaga, nello scorso mese di dicembre, si sono suicidate tre persone che hanno subito lo stesso tragico destino, seguito allo sgombero della propria abitazione e all’incapacità di pagare il proprio mutuo. L’onda di morti ha scatenato la reazione della cittadinanza, che nel corso di una manifestazione contro gli sgombri, svoltasi il 12 dicembre 2012, ha occupato la sede di una banca ormai in disuso della Unicaja, una delle casse di risparmio protagoniste della bolla immobiliare legata al credito facile. Una cinquantina di persone hanno preso possesso di questo spazio, che è diventato un nuovo punto di riferimento del barrio di Palma-Palmilla, una delle zone più povere di Malaga.

Grazie al supporto di associazioni, organizzazioni non governative, del sindacato Cgt, dei consiglieri comunali legati alla formazione di sinistra Izquierda Unida, e all’aiuto logistico di commercianti alimentari, è partito il progetto di una mensa dei poveri che ora funziona a pieno regime. Uno dei cuochi della banca trasformata in mensa si chiama Joaquin, anch’egli disoccupato, e rivela come nelle ultime settimane siano stati serviti circa sei mila pasti. “Ogni giorno vengono a mangiare da noi almeno 200 persone, e la richiesta è crescente.”. La mensa è stata soprannominata “Er Banco Güeno”, “Il Banco Buono”, in ironica analogia alla Bad Bank creata dal governo per gestire i titoli tossici delle banche spagnole, come i mutui non più esigibili per insolvenza del debitore. Jesús Rodríguez detto El Chule è uno dei coordinatori dell’iniziativa, che nasce non solo per “denunciare la situazione di emergenza e fame che vivono migliaia di famiglie, ma si cerca una soluzione per riprendere il potere sulle nostre vite. Questo non è assistenzialismo né carità: è un esperimento di autogestione e solidarietà, una maniera per ridare dignità alla comunità”. La rete che sostiene il “Banco Buono” ha chiesto al Comuen di Malaga e all’istituto di credito la cessione a tempo indefinito del locale. La cittadinanza si è attivata per ottenere questo risultato, che sembra possibile anche per il consenso raccolto dall’iniziativa. “La rivoluzione etica è appena cominciata”, dicono con orgoglio i gestori del “Banco Buono”.

 

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