Derivati, una “bomba” da 218 miliardi di euro nelle banche italiane

venerdì, 25 gennaio 2013

La vicenda del Monte dei Paschi di Siena ha riproposto il tema del peso della finanza “derivata” sulle attività delle banche del nostro paese. Un articolo di “Repubblica” a firma di Ettore Livini evidenzia come in Italia i cosiddetti “derivati”, ovvero gli strumenti finanziari che calcolano il loro prezzo sulla base del valore di un altro bene,che viene definito sottostante, sui mercati. Introdotti tra gli operatori di mercato al fine di tutelare il rischio degli investimenti, nel corso degli ultimi decenni i derivati sono diventati il simbolo delle attività speculative, uno dei motivi della grande crisi seguita al crack di Wall Street nel 2008. In Italia il peso di questi strumenti finanziari è ampio, anche se tutto sommato contenuto se paragonato alle attività di alcune grandi banche estere. Nei portafogli degli istituti di credito del nostro paese sono presenti derivati per un valore complessivo di 218 miliardi di euro. Un dato in crescita, passato dai 158 miliardi del 2009, subito dopo lo scoppio della crisi, ai 205 miliardi del 2011. Ora c’è stato un incremento ulteriore, anche se più voci, come Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, oppure Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit, hanno rimarcato come non esistano rischi significativi per il sistema finanziario italiano.

Unicredit, il più grande istituto italiano,   ha iscritti a bilancio 118 miliardi di strumenti derivati, per un valore pari a cinque volte la quotazione a Piazza Affari. Intesa- Sanpaolo segue a distanza (59 miliardi) mentre il Monte dei Paschi di Siena – vittima oggi dei suoi esercizi di finanza creativa – ha nel salvadanaio 18,3 miliardi di derivati, il doppio di tre anni fa. Il peso dei derivati sulle maggiori banche italiane supera di gran lunga il 100% dei loro patrimoni netti, mentre la quota sui loro attivi è di circa il 10%. La caratteristica di questi titoli è principalmente speculativa, come ha mostrato un recente studio di Mediobanca citato nell’articolo di “Repubblica”. L’antica funzione di copertura dal rischio associata a strumenti come i future o l’opzione si è gradualmente smarrita nel tempo, visto il carattere altamente redditizio, per quanto rischioso, di questi investimenti. Nel mondo comunque la situazione è assai più “pericolosa” rispetto all’Italia. Un grande istituto come Deutsche Bank possiede derivati per più di 800 miliardi di euro, mentre nel mondo le cifre sono semplicemente astrali. Il valore nozionale dei derivati in circolazione sui mercati globali a metà dello scorso anno – ha calcolato la Banca dei Regolamenti Internazionali – era pari a 637 trilioni di dollari. Un numero che equivale più o meno 10 volte il Prodotto interno lordo dell’intero pianeta.

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