Troppi giochi di potere intorno a La7

giovedì, 7 febbraio 2013

Oggi si riunisce il cda di Telecom che potrebbe decidere la vendita di La7. Vi propongo la mia intervista con Giorgio Meletti uscita stamane su “Il Fatto”.

 

 

 

Telecom Italia regala La7 a Urbano Cairo e nessuno commenta.

Vivo con malinconia questa attesa rassegnata di una svendita. Ho dedicato a La7 dodici anni di impegno appassionato. A lungo siamo stati l’unica voce televisiva critica nell’appiattimento dell’informazione di regime. Telecom non ha nulla da guadagnare dalla vendita di La7, perde valore anziché acquisirne. Capisco che gli azionisti scalpitino, ma non è certo attraverso la vendita di La7 che avviano un serio rientro dalle  perdite dovute al prezzo eccessivo che pagarono a Tronchetti Provera, facendogli un enorme favore. Si assiste a una lotta di potere opaca, con troppi furbi.

Qual è il movente di una mossa così apparentemente autolesionista?

Forse una guerra di potere intorno al presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, che in generale scontenta il nocciolo degli azionisti e in particolare viene accusato di aver gestito la tv come strumento personale di navigazione nell’establishment. Cosa in parte vera. Con una gestione meno soggetta ai condizionamenti politici e ai calcoli d’opportunità La7 avrebbe avuto i conti in ordine già da qualche anno..

Ha una storia sfortunata La7, fin dall’inizio…

Nel 2001 c’era un progetto importante. Il manager a cui Roberto Colaninno lo aveva affidato, Lorenzo Pellicioli, aveva cercato di coinvolgere Mentana fin dall’inizio, e poi Fabio Fazio, Giuliano Ferrara e il sottoscritto, nella convinzione che il duopolio Rai-Mediaset ci avrebbe lasciato un grosso spazio editoriale. Poi arrivò Marco Tronchetti Provera, e il suo manager Enrico Bondi, proprio lui, liquidò me e Fazio, e tutto il progetto.

E Pellicioli?

Oggi è fra i più decisi a premere per la cessione, dopo che per anni le sue società del gruppo De Agostini, Zodiac e Magnolia, hanno venduto con buoni profitti produzioni importanti a La7. Di colpo l’opinione è cambiata.

Forse gli azionisti sono stati delusi dalla gestione di Giovanni Stella.

Se è per quello, anch’io. Stella è arrivato digiuno di tv, compiaciuto della sua fama di spietato tagliatore, e del soprannome di “canaro”. Poi ci ha preso gusto, è diventato il plenipotenziario che soverchia il direttore di rete, sceglie i programmi. E’ Stella che nel 2010 rinnova con Cairo il contratto pubblicitario a condizioni poco incredibilmente svantaggiose per La7.

Pare che glielo abbia imposto l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

Non mi risulta e non mi basterebbe come giustificazione. Di certo la fase di crescita di La7 è stata vissuta con preoccupazione dal nostro azionista. Giungevano continue raccomandazioni di cautela, dicevano “Berlusconi ci minaccia , Tremonti e Romani protestano sempre…”. Dopo la cacciata di Mentana da Canale 5 per un anno e mezzo l’abbiamo lasciato in anticamera, dicendogli che doveva prima chiedere il via libera a B. per venire da noi. Eccessi di cautela, anche quando il berlusconismo era ormai in crisi. In quell’anno e mezzo si facevano avanti tanti protagonisti della scena tv interessati al progetto di La7, da Fazio a Santoro, alla Gabanelli. Ma furono stoppati. Un’occasione persa da chi pensava a La7 come vantaggioso strumento di condizionamento degli equilibri a proprio vantaggio, anziché ragionare da editore.

Cautele solo nella politica, a quanto pare…

Infatti, nello stesso tempo subentrano altre logiche, Stella instaura relazioni personali intense con l’impresario tv Beppe Caschetto, firma un contratto oneroso con la società di Luca Barbareschi, e poi tanti altri. La nostra piccola e agile tv diventa un luogo di sprechi, vara produzioni generaliste lontane dal profilo del suo pubblico che porteranno ad aggravare i deficit di bilancio.

Cairo è l’uomo chiamato da B. per spegnere La7?

Non credo a un patto occulto tra lui e Publitalia. Certo in un mercato recessivo anche la poca pubblicità raccolta da La7 diventa interessante, e quindi un ridimensionamento di La7 oggi sarebbe l’ennesimo favore a Berlusconi. Ma Cairo ha guadagnato bene vendendo ai clienti la “nostra” La7, non è certo un autolesionista.

L’autolesionista è Telecom?

Diciamo che non vedo quale convenienza abbia a privarsi di un’azienda che supera il 30 per cento degli ascolti con il confronto Santoro- Berlusconi, rivelando potenzialità inesplorate. Il presidente Salvemini e l’ad Ghigliani hanno già varato un piano di tagli e risparmi convincente. Noi firme di La7 dovremo renderci disponibili a sacrifici e a compartecipazioni, com’è giusto. Invece vedo troppi giochini. Lo stesso ex, Stella, annuncia di aver costituito una società di produzione tv con sua figlia e credo aspiri a un ruolo ne La7 del futuro.

La7 in regalo non risponde a una logica politica?

Non credo. Vogliono risolvere la cosa prima della nascita di un nuovo governo, ma La7 è solo un pretesto, un simbolo. Gli azionisti, Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, sono  confusi, ma i loro veri interessi sono di portata assai più ampia, pensano al destino della rete telefonica e di Tim Brasile, per rientrare almeno in parte delle loro forti minusvalenze. La7 è una briciola. Ma evidentemente fa parte del loro braccio di ferro con Bernabè, forse vogliono sostituirlo nel vuoto di potere della campagna elettorale.

Perché tutta la sinistra tace?

Per miopia, sono preoccupati di mantenere buoni rapporti con i protagonisti dell’establishment che controllano altri organi d’informazione. Mi piacerebbe vedere il presidente di Mediobanca Renato Pagliaro fare pressioni per la vendita della sua quota in Rcs-Corriere della Sera, che perde più di La7. Ma non mi pare abbia fretta.

 

 

 

 

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