Non giunge certo inatteso l’arresto stamane dell’amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, accusato di corruzione internazionale dalla Procura di Busto Arsizio nell’affare della vendita di dodici elicotteri in India per 51 milioni di euro. E’ anzi una delle colpe del governo Monti quella di non aver voluto sostituire per tempo il vertice di un’impresa pubblica strategica come Finmeccanica, gravemente compromessa dagli intrallazzi, dalle consulenze d’oro e dalle nomine lottizzate. Orsi è considerato vicino a Roberto Maroni oltre che a Comunione e Liberazione. Il suo arresto ratifica una svolta profonda negli equilibri del potere reale nel nostro paese. Più ancora delle indagini su Scaroni dell’Eni e le ipotesi di maxi-tangenti Saipem, qui si va a intaccare la zona grigia in cui denaro, spie, politica e strategia militari si coagulano nell’esprimere consorterie, blocchi di potere. Orsi ha resistito fino all’ultimo, anche dopo la defenestrazione di Guarguaglini, sicuro che i suoi protettori lo avrebbero tutelato fino in fondo. L’impressione è che ora a tremare siano anche loro, i suoi protettori.