Alesina nel 2010: l’austerità farà crescere l’Europa

giovedì, 7 marzo 2013

Nell’autunno del 2010, quando la crisi dei debiti sovrani era già scoppiata ed erano iniziati i primi programmi di rigore per rientrare dai deficit, Alberto Alesina si lanciò in una previsione piuttosto azzardata col senno del poi. Secondo l’economista, professore ad Harvard e diventato noto in Italia come editorialista de “Il Sole 24 Ore” e del “Corriere della Sera”, l’austerità imposta dalla Germania conservatrice di Angela Merkel e dalla Bce di Trichet stava dispiegando i suoi frutti positivi sulla crescita dell’eurozona. Grazia ai tagli alla spesa pubblica la crisi si sarebbe risolta in fretta, mentre in realtà è scoppiata la più grave contrazione economica dalla Grande Depressione. Ecco la citazione della previsione   di Alberto Alesina.

“Un recente studio di Jajadem e Konzcal (nell’originale i cognomi sono sbagliati ndA) afferma che i risultati della ricerca di Alesina ed Ardagna non si applicano alla corrente situazione perchè gli aggiustamenti fiscali dal punto di vista delle spese sono espansivi solo in fasi in cui l’economia sta già crescendo. Le critiche contenute in questo documento sono quantomeno esagerate… Oltre a questo quello che sta accadendo in Europa contraddice in modo diretto Jajadev e Konczal. Molti paesi europei hanno iniziato a realizzare piani di aggiustamento fiscale durante una ripresa fragile. Nel momento in cui scrivo, sembra che la velocità della ripresa europea sia sostenuta, più rapida di quella degli Stati Uniti, e la Bce ha recentemente aumentato le previsioni di crescita dell’eurozona.”

La discussione tra Alesina e gli economisti Jajadev e Konczal verteva su un paper dello stesso economista italiano, redatto nel 2009 insieme alla sua collega di Harvard Silvia Ardagna, che rimarcava come l’austerità fosse il modo migliore per uscire dalla grande contrazione globale scoppiata dopo il crack di Wall Street. L’analisi dei due economisti italiani è stata una delle ricerche accademiche che più hanno influenzato le forze conservatrici, come il governo Cameron o i deputati repubblicani legati al movimento del Tea Party, che hanno introdotto politiche anti crisi basate su più o meno pesanti tagli alla spesa pubblica. Come riporta il blog dello stesso Mike Konzcal,  Alesina e la Ardagna  rimarcavano come ” un aggiustamento fiscale dal punto di vista della domanda può diventare espansivo se gli agenti reputano che la riduzione delle spese generi un cambiamento nel sistema che elimini il bisogno di un più grande, forse molto più distruttivo aggiustamento in futuro”.

Gli economisti di Harvard cristallizzano in questa frase la cosiddetta “teoria della fata fiducia”, ovvero come una riduzione del perimetro dell’intervento pubblico faccia tornare la fiducia degli attori privati, così da generare una nuova mole di investimenti che sappiano stimolare la crescita. Una posizione tipica degli economisti di scuola neoliberale, che fino ad ora si è scontrata, in modo anche doloroso, contro la realtà. L’errore di Alesina non sta tanto in una previsione così clamorosamente sbagliata come l’annuncio di una sostenuta ripresa dell’eurozona, precipitata nei mesi successivi nella sua crisi più grave dal dopoguerra ad oggi. Il punto vero è la riproposizione di una tesi, già allora piuttosto smentita dai fatti, che tagli alla spesa significhino, automaticamente, crescita economica. Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato in questi mesi alcuni studi che hanno evidenziato come questa posizione sia stata, quantomeno, smentita dalla realtà della crisi dei debiti sovrani dell’eurozona.

 

 

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