Il Parlamento dei miliardari comunisti contro le riforme di Xi

venerdì, 8 marzo 2013

Xi Jiping sarà eletto presidente della Cina dal Congresso nazionale del Popolo, l’ultima tappa della sua ascesa al vertice del regime di Pechino. Il nuovo leader della Repubblica comunista ha posto tra i suoi principali obiettivi la lotta alla corruzione, il ritorno alla sobrietà, una crescita economica più sostenibile, e la riduzione della disuguaglianza del reddito esplosa in Cina in questi lustri di boom economico. Xi ha ribadito come “per moltissimi cinesi la vita si  ancora troppo dura”, ed il nuovo vertice della Repubblica popolare dovrà occuparsi di loro.

Il capitalismo comunista, che si basa sul connubio tra l’enorme burocrazia del partito e gli imprenditori alleati del regime, guarda però con scetticismo al programma del nuovo leader cinese. Sul “Corriere della sera” di oggi si evidenzia uno dei possibili “nemici” che più si contrapporrà a riforme che moderino il sistema di funzionamento dell’economia cinese sia lo stuolo di miliardari eletti al Congresso nazionale del Popolo. Nel Parlamento della Repubblica popolare continua a crescere il numero di componenti che fanno parte della fascia più abbiente della popolazione. Nel nuovo Congresso siedono infatti 90 miliardari che sono tra i mille cinesi più ricchi, 15 in più rispetto alla precedente legislatura. L’elezione degli industriali più potenti del paese al Congresso nazionale fu decisa da Jiang Zemin, il leader della Cina post piazza Tienanmen.

 

Questi super industriali politici detengono un patrimonio, secondo i calcoli dell’agenzia Bloomberg, pari a 80 miliardi di euro. Il più povero di questi ha una ricchezza stimata in 225 milioni di euro, il più ricco invece supera i 13 miliardi di euro. Il possessore di questa enorme ricchezza è  Zong Qinghou, 67 anni, presidente dell’Hangzhou Wahaha Group, società che produce bevande e vestiario per bambini (Wa ha ha vuol dire bambino che ride). Secondo Bloomberg Zong è l’uomo più ricco della Cina, e come riporta il “Corriere”, è assolutamente contrario a riforme che frenino lo sviluppo del capitalismo. ” In una bella
intervista sulla scalinata del Grande Palazzo del Popolo, l’altro giorno il compagno Zong si è detto fermamente contrario all’imposizione di patrimoniali o tasse sulle case. Quanto
ai piani del Politburo per ridurre il gap nei redditi, ha assicurato che l’economia cinese continuerà a svilupparsi così rapidamente che il numero dei ricchi aumenterà.”

Zong interpreta il pensiero dell’establishment del capitalismo comunista, che guarda con i brividi ai piani di Xi Jiping di porre un freno alla crescita del divario dei redditi, e che nutre molti sospetti rispetto alla svolta moralizzatrice proposta dal nuovo presidente. La pattuglia dei 90 miliardari parlamentari non ha intenzione di tacere, e potrebbe rappresentare uno dei maggiori ostacoli per il ciclo di riforme delineate dal segretario generale del Pcc. Il partito comunista cinese è infatti piuttosto diviso sulla direzione di marcia da imprimere alla società: la burocrazia teme di perdere l’enorme potere, anche economico, accumulato in questi anni, mentre le élite temono il collasso di una società sempre più disuguale e divisa dalla stessa crescita che l’ha trasformata in una potenza mondiale. Da quando è stata introdotta l’economia di mercato 300 milioni di cinesi sono usciti dalla povertà, ma il reddito medio del paese nel 2010  era pari a 2425 dollari, un dato inferiore anche rispetto alla Bielorussia.

 

 

 

 

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