Don Enrico Torta: Basta suicidi, prendiamo i soldi ai ricchi per darli ai poveri

lunedì, 8 aprile 2013

La tragedia di Civitanova Marche ha colpito una parte significativa dell’opinione pubblica italiana, ed ha scatenato un’appassionata ribellione da parte di un religioso sconvolto dalla crescita dei suicidi per povertà. Don Enrico Torta, un prete della parrocchia di Dese, una frazione del Comune di Venezia, ha scritto un accorato appello contro il nuovo dramma della grande crisi economica che ha colpito la società italiana. Il giorno precedente al triplice suicidio di Civitanova Marche un artigiano di Spinea, città dell’hinterland veneziano, si era impiccato nella casa pignorata per l’impossibilità di pagare i debiti. Don Torta ha scritto ai suoi parrocchiani che queste morti si devono assolutamente interrompere – nel Veneto si contano 65 suicidi legati alla crisi economica – e per fermare questo tributo di vita umane prendere i soldi ai ricchi non è un peccato.

“Che non capiti mai che un mio parrocchiano sia tentato di uccidersi: insieme, io per primo, lo aiuterò a prendersi quanto gli serve per sopravvivere da chi si è arricchito sulla pelle dei poveri”. Don Torta aggiunge: “Oggi l’emergenza vera è il lavoro, sono cose che non stanno né il cielo né in terra queste, bisogna fare una rivoluzione, i politici devono mettere da parte l’orgoglio, trovare un compromesso per due anni e risollevare la nazione”. Nel suo messaggio sul foglio domenicale della parrocchia il parroco veneziano si era rivolto direttamente alla coppia di Civitanova Marche, chiedendogli scusa in modo accorato e toccante. “Ieri», scrive il parroco, «quando ho letto del biglietto dove marito e moglie dicevano “scusateci ma abbiamo una dignità”, mi sono sentito annichilito, meno di niente. Questo è un macigno che dobbiamo tutti portarci sulla coscienza, perché quanto successo, anche se in tono minore, ci sta attorno, quasi sempre vediamo simili situazioni ma non vogliamo guardarle e saperne portare il peso». «Non siete voi, fratelli nostri», dice rivolto alla coppia, «che dovete chiedere scusa a noi: siamo noi che dobbiamo chiedere perdono a voi se siete arrivati a questo punto di disperazione da togliervi il dono più grande che è la vita. È vero, tutti abbiamo problemi e la vita è diventata difficile, ma per molti è faticosamente sopportabile e per alcuni è davvero insopportabile e tutti ne siamo corresponsabili: anche se ci diciamo cristiani di fatto non lo siamo e le nostre preghiere sono intrise del sangue di Caino, che ha rifiutato di essere il custode di suo fratello.”

Le parole di Don Torta non hanno lasciato indifferente il patriarcato di Venezia, che ha espresso condivisione per il messaggio di dolore lanciato dal parroco di Dese. Monsignor Valter Perini, vicario episcopale per l’evangelizzazione, si è espresso in termini altrettanto netti, sposando il pensione del prelato: «Questo è il grido di dolore di un pastore che, come ha detto Papa Francesco, ha l’odore delle pecore». Monsignor Perini, nelle sue dichiarazioni riportata da “Repubblica”,  cita la teologia morale della chiesa: “Quando una persona è ridotta agli stenti può appropriarsi di un bene altrui e procurarsi il cibo necessario per vivere. Ciò che ruba non è furto è l’applicazione del diritto naturale primario. Dio ha destinato i beni della terra universalmente a tutti gli uomini. La strada migliore è quella di trovare chi ti aiuti con forme di legalità, ma la dottrina della chiesa parla chiaro”.

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