La Cina lancia l’allarme sul nazionalismo del Giappone

mercoledì, 1 maggio 2013

La Cina mostra sempre più insofferenza verso la svolta nazionalista del Giappone, coincisa con l’arrivo al potere a Tokyo dei conservatori guidati dal primo ministro Shinzo Abe. Il governo di Pechino è particolarmente inquieto per la deriva sempre più conflittuale che sta acquisendo la disputa sulle isole Diaoyutai, o isole Senkaku in lingua nipponica, un arcipelago disabitato che si trova nel mar Cinese Orientale. Nelle settimane scorse dal Giappone è partito un gruppo di barche piene di attiviste che hanno solcato il marca attorno alle isole , un’azione dimostrativa per rimarcare il carattere nipponico dell’arcipelago,  ricco di risorse fossili. Le ostilità tra Tokyo e Pechino sulle isole sono cresciute negli ultimi mesi, dopo che il governo giapponese ha acquistato le Senkaku da una famiglia di imprenditori nipponici.

Come riporta l’agenzia di stampa Reuters Internazional, l’ambasciatore cinese Cui Tiankai ha esplicitamente invitato gli Stati Uniti a non offrire una sponda al rinascente nazionalismo giapponese. Tiankai ha sottolineato come il revanscismo di Tokyo dovrebbe al contrario allarmare gli Stati Uniti, che rivestono ancora un ruolo di primaria importanza nel Continente asiatico.”Gli Usa dovrebbero rimane in allerta rispetto alle recenti provocazioni intraprese dai leader politici giapponesi”, ha sottolineato l’ambasciatore cinese a Washington, Dc. Un monito che sottolinea il crescente disagio per gli ultimi gesti compiuti dai Liberaldemocratici tornati al potere dopo il breve interludio del centrosinistra nipponico, crollato sotto i colpi della crisi.

Poche settimane fa 168 parlamentari conservatori, guidati dal vice primo ministro nipponico, hanno visitato il santuario di Yasukuni. Questo tempio scintoista è dedicato alle persone morte in guerra servendo l’Imperatore, e all’interno del “Libro delle Anime” del santuario sono iscritti un migliaio di militari condannati come criminali di guerra. Già in passato le visite al santuario di Yasukuni da parte dei leader giapponesi, come l’ex primo ministro Koizumi, avevano scatenato forti proteste da parte della Cina e della Corea del Sud, vittime durante la seconda guerra mondiale del nazionalismo bellico dell’Impero nipponico.  Il nuovo pellegrinaggio al santuario di guerra ha però suscitato polemiche ancora più forti, vista la situazione di forte tensione tra Giappone e Cina per la disputa sulle isole Senkaku o Diaoyutai.

Il 28 aprile Shinzo Abe ha festeggiato per la prima volta il giorno della riconquista della sovranità nazionale, celebrando la fine dell’occupazione statunitense avvenuta ormai 61 anni fa. Un momento di orgoglio nazionale, condiviso alla presenza dell’imperatore Akihito. L’ambasciatore cinese ha rimarcato come questi gesti mandino un segnale pericoloso alla comunità internazionale, che non può essere ignorato dagli Stati Uniti d’America. La risposta di Washington è stata però, come prevedibile, molto fredda. Gli Usa non si esprimono sulla disputa territoriale che divide Cina e Giappone, paese che l’esercito americano è obbligato a difendere in caso di attacco di una forza straniera dal Trattato di alleanza militare siglato nel 1960.

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