Pubblico il post di Daniele Sensi che sul suo blog ricorda come già il leghista Giancarlo Gentilini aveva invitato a stuprare una donna, in questo caso la sorella dell’allora ministro Pecoraro Scanio.
Giancarlo Gentilini, nel 2007: «Hanno violentato una donna con uno scalpello davanti e di dietro. E io dico a Pecoraro Scanio che voglio che succeda la stessa cosa a sua sorella o a sua madre. E, già che parliamo di culi, sia chiaro che anche i gay io non li voglio vedere per le strade».
Come sapete, ieri l’Espresso ha dato notizia di Dolores Valandro, la consigliera di quartiere leghista che, su Facebook, si chiedeva come mai nessuno stuprasse il ministro Kyenge. Parole ripugnanti subito rimbalzate, con sgomento, in Rete, e quindi riprese, con altrettanto sgomento, dal resto dei media. Immediata la reazione, trasversale, di partiti e istituzioni. E, immediate, le parole di condanna di Luca Zaia («Un post vergognoso che ha insultato anche i veneti e il Veneto»), Flavio Tosi («Un’espressione inqualificabile, violenta e demenziale) e Roberto Maroni: «Non conosco la Valandro, ma stasera sarà espulsa».
Nel pomeriggio, Dolores Valandro aveva provato, maldestramente, a difendersi: «Si trattava di una battuta detta in un momento di rabbia, questo è un mio modo di sfogarmi. Chiedo Scusa».
Di momenti di rabbia, per la verità, la Valandro ne deve avere sovente. Sempre riferendosi al ministro Kyenge, scriveva, infatti, su Facebook il 22 maggio: «Tornatene in Congo, brutta scimmia»; il 18 maggio: «Senti un po’, brutta bertuccia, ti pago io volentieri il biglietto di sola andata per il tuo paesello, hai capito che stai rompendo un po’ troppo le palle??»; il primo maggio: «Vai a comandare a casa tua, capra cioccolatosa!»; il 2 giugno: «Meglio se cambi spacciatore, ministra, o meglio ancora se ti cuci la bocca una volta per tutte!. E ancora: «Ma va a ciapar i rat, brutta scimmia»; «Sempre più schifata di avere in Parlamento una ministra nera e musulmana»; «Ma quando ti tapperai quella brutta boccaccia, sei ospite nel nostro Paese, tornatene nella tua giungla selvaggia!»; «Vade retro Satana nero, ritorni nella sua giungla, le banane l’aspettano con ansia!».
Di “fede” bossiana, Dolores Valandro si era appena vista annullare la sospensione dai probiviri della Lega Veneta per le contestazioni a Flavio Tosi dello scorso 7 aprile a Pontida. Per questo motivo, diversi militanti leghisti, rilevando che «simile linguaggio l’ho sentito per anni nelle sedi della Lega» e chiedendosi come mai «la stessa condanna non è stata fatta nei confronti di Gentilini e Borghezio le innumerevoli volte che hanno offeso pesantemente gli immigrati», ora accusano: «L’espulsione è un pretesto per far fuori i dissidenti».
Scrive, a questo proposito, Gad Lerner:
Inutile che Flavio Tosi annunci l’espulsione della consigliera Dolores Valandro. Le schifezze e le minacce e i richiami a crimini razzisti del passato sono un armamentario con cui la Lega convive dai suoi inizi, riservando al suo interno uno spazio autorizzato alle peggiori ideologie reazionarie. Stupirsi perchè un movimento che manda Mario Borghezio al Parlamento europeo poi deve fare i conti con chi promette violenza a chiunque vive come diverso? Fingere dissociazione da Dolores Valandro pochi giorni dopo aver candidato Gentilini a sindaco di Treviso, sì, quel gentiluomo che prometteva di sparare agli immigrati “come ai leprotti”?
Gad Lerner fa l’esempio dei “leprotti”. Io ne avrei fatto un altro.
Era il settembre del 2007. In polemica con «la mafia comunista e bolscevica» e con quanti avevano votato a favore dell’indulto dell’anno prima, a seguito di un orribile fatto di cronaca («A Gorgo hanno violentato una donna con uno scalpello davanti e di dietro»), rivolgendosi all’allora ministro dell’Ambiente, Giancarlo Gentilini rilasciò questa dichiarazione:
«E io dico a Pecoraro Scanio che voglio che succeda la stessa cosa a sua sorella o a sua madre. E, già che parliamo di culi, sia chiaro che anche i gay io non li voglio vedere per le strade».
Nemmeno dieci giorni fa, Flavio Tosi, Roberto Maroni e Luca Zaia erano a Treviso, per sostenere la candidatura a sindaco di Gentilini. Flavio Tosi, sul palco: «Tosi ha copiato da Gentilini il modo di fare il sindaco»; Luca Zaia: «Io sono qui a rassicurare i fedeli che quel signore lì continuerà il suo Vangelo»; Roberto Maroni: «Io ho imparato a fare il ministro dell’Interno dal sindaco Gentilini. Gentilini è un maestro, un punto di riferimento. Lui è lo sceriffo numero uno, io sono lo sceriffo numero due».