Saccomanni: per tagliare le tasse servono tagli dolorosi

sabato, 29 giugno 2013

Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha spiegato la politica economica del governo Letta in una lunga intervista al “Corriere della Sera”, nella quale il titolare del dicastero di via XX Settembre ha difeso le scelte fatte in questi primi 60 giorni di attività, illustrando le strategie future. Per Saccomanni l’Italia non può discostarsi da una politica di rigore nei conti pubblici, visto che ogni anno deve rinnovare il suo stock di debito per 400 miliardi di euro. Una cifra imponente, che non cambierebbe in caso di fuoriuscita dall’unione monetaria, anzi probabilmente aumenterebbe, sottolinea il ministro dell’Economia. ” Un obbligo che sarebbe lo stesso se non fossimo nell’Ue e non ci fosse il Fiscal compact, anzi sarebbe peggio, perché l’Italia dovrebbe conquistarsi da sola la credibilità sui mercati”. L’attenzione agli equilibri di bilancio però non basta, e Saccomanni indica nei tagli alla spesa pubblica la via maestra per trovare le risorse per rilanciare la crescita; solo riducendo le spese dello stato si potrà finanziare in modo sostenibile la riduzione delle tasse su lavoro ed imprese.

Saccomanni evidenzia però un punto poco dibattuto nel nostro paese, ovvero i margini relativamente limitati per ridurre la spesa pubblica, il cui ammontare è pari a 800 miliardi di euro. ” È il paradosso della spesa pubblica: sembra che non ci sia niente da tagliare su un totale di 800 miliardi del 2013, 725 al netto degli interessi. Tolti i redditi da lavoro, le prestazioni sociali, le altre spese correnti, quelle in conto capitale, gli interessi e il rimborso dei debiti, il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi. Una cifra che è già calata dello 0,5% rispetto al 2012 e ben dell’8,5% rispetto al 2009″. Il ministro dell’Economia rimarca come il modo più dannoso per intervenire sulla spesa pubblica in una recessione sia quello di intervenire sugli investimenti, una scelta politica in realtà adottata da praticamente tutti i governi europei. La difficoltà di contenere la spesa sociale a causa della significativa anzianità delle popolazioni ha spinto molti esecutivi a ridurre, anche drasticamente, la spesa in conto capitale.

Saccomanni rilancia la “spending review”, lodando gli interventi svolti dallo scomparso Tommaso Padoa-Schioppa. ” Molto è stato fatto con la revisione della spesa iniziata con Tommaso Padoa-Schioppa. Lo scorso governo si è concentrato sull’analisi e la valutazione della spesa ma ha avuto una battuta d’arresto con la crisi politica e la fine della legislatura. Riconvocheremo il comitato interministeriale per il controllo della spesa e avremo un commissario straordinario. Porteremo avanti il lavoro di Monti ma esamineremo l’intera strategia e le procedure operative. Ad esempio i costi standard sono stato già applicati sulla spesa sanitaria ma non quella delle Regioni a statuto speciale. Serve un intervento”.

Il ministro dell’Economia rimarca come molti giudizi sull’attività del governo non considerino come il paese abbia perso sostanzialmente sei mesi tra la fine del 2012, con la caduta anticipata del governo Monti, e la primavera del 2013, con la lunga stasi seguita alle elezioni politiche del 2013. Al momento però la situazione appare migliorata secondo Saccomanni.” Il livello della produzione industriale si è stabilizzato. I dati di Confindustria segnalano un lieve recupero dell’attività in maggio. E poi ci sono i dati sulle aspettative delle imprese manifatturiere, i consumi elettrici aumentati, come il gettito dell’Irpef”.  Le misure adottate dall’esecutivo vengono definite temporanee, in attesa di una riqualifica complessiva della spesa e del sistema tributario che sarà introdotta con gradualità, quando arriverà la ripresa. “Si tratta di una serie di misure-ponte che servono a guadagnare tempo: da un lato per il ridisegno della fiscalità e la revisione della spesa, dall’altro per l’alleggerimento del peso che grava sull’economia nel breve periodo, in attesa che si materializzino gli effetti delle misure adottate e si avvii la ripresa”.

Il ministro dell’Economia difende l’ultima misura presa dal governo per evitare l’aumento dell’Iva, ovvero l’incremento degli acconti fiscali, descrivendolo come un “prestito soft”. ” L’operazione costa un miliardo e l’alternativa era procedere subito con tagli di spesa indiscriminati. Il Parlamento può decidere di cambiare le coperture purché siano certe. Non sarebbe stato credibile per l’Ue promettere a copertura un maggiore gettito futuro dell’Iva”. Saccomanni evidenzia come il rispetto dei vincoli europei – deficit massimo al 3% – sia inderogabile, sottolineando come i paesi che hanno sforato siano stati sottoposti a raccomandazioni molto più dure rispetto a quelle italiane. In merito alla recente polemica sui derivati del Tesoro, il ministro dell’Economia rimarca la trasparenza dei conti pubblici italiani. “Gli strumenti di copertura dei rischi comportano ovviamente un costo. Che vale la pena di sostenere per riparare i conti pubblici dalle continue oscillazioni dei tassi di interesse. In prospettiva c’è un rischio concreto di rialzo dei tassi. L’Italia ha un grosso debito pubblico ed è obbligata a gestirlo nel modo più trasparente e professionale, dotandosi degli strumenti più adeguati di copertura del rischio”.

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