Deficit eccessivo, sul governo l’ombra di una manovra in autunno

giovedì, 11 luglio 2013

L’Italia rischia di dover realizzare una nuova manovra di bilancio per evitare il procedimento per deficit eccessivo, dal quale è appena uscita dopo 3 anni di sforamenti. Ne scrive oggi su “La Repubblica” Federico Fubini, che illustra i meccanismi europei introdotti dal “Fiscal Compact” che rendono possibile questo scenario. Il governo del nostro paese ha presentato a Bruxelles stime che prevedono per il 2013 un deficit di bilancio al 3%, praticamente la soglia massima consentita dai vincoli comunitari. Una valutazione condivisa dalla Commissione europea, che anche per questo ha tolto l’Italia dalla procedura per deficit eccessivo.  Il problema, come rimarca Fubini, è che quelle stime si basavano su previsioni sul ciclo economico che sono già state archiviate dal peggioramento della congiuntura. I calcoli sul deficit 2013 si basavano infatti su una contrazione del Prodotto interno lordo dell’1,3%, mentre la maggior parte degli osservatori, dal Centro studi di Confindustria fino al Fondo monetario internazionale, ed in parte anche la stessa Istat, stimano una flessione della ricchezza nazionale più aspra.

Una recessione più acuta, vicina al 2%, provoca due effetti, entrambi negativi, sull’equilibrio dei nostri conti pubblici. Da una parte la maggiore contrazione del Pil provoca una riduzione del gettito fiscale, dall’altra invece si verifica un aumento della spesa pubblica via stabilizzatori automatici, causata dall’aumento della disoccupazione e da altri forme di tutela del reddito. Ecco perché l’obiettivo concordato del deficit al 3% potrebbe essere mancato nel 2013, ponendo il nostro paese di nuovo sotto la “scure” di Bruxelles. In base al “Two pack”, uno dei nuovi meccanismi introdotti dal trattato dei bilanci europei varati a fine 2011 che hanno corretto il Patto di Stabilità, la Commissione europea ha la possibilità di imporre correzioni alle manovre di bilancio degli stati dell’eurozona. Di fronte ad un deficit che sforasse il 3%, l’organismo di governo dell’Ue potrebbe imporre al nostro paese una correzione dei nostri conti pubblici, al fine di centrare il vincolo mancato via recessione.

Come scrive Federico Fubini, ” il “Two pack” (“pacchetto di due”) prevede che entro metà ottobre l’Italia, come gli altri paesi, presenti alla Commissione europea la propria bozza di finanziaria per il 2014. I tecnici di Bruxelles esamineranno il provvedimento e entro un mese manderanno all’Eurogruppo, che riunisce i ministri finanziari, la loro “opinione” in proposito. Sarà più di un passaggio procedurale. In quel mese, Bruxelles formulerà un giudizio sia sulla qualità che sui saldi del bilancio italiano. In primo luogo si tratterà di vedere se segue le raccomandazioni dell’Eurogruppo, che suggeriscono di non detassare gli immobili bensì il lavoro e le imprese, riducendo la spesa pubblica. Poi verrà la parte legata alle condizioni con cui l’Italia (solo da pochi giorni) è riuscita a uscire dopo anni dalla procedura per deficit eccessivo. Restare sotto il 3% è un vantaggio non solo simbolico: chi rientra in quel limite ha un po’ di spazio in più per investimenti con fondi nazionali e europei. Anche per questo all’Eurogruppo l’Italia si è impegnata con una “clausola di salvaguardia” a intervenire in corso d’anno se il deficit 2013 minaccia di tornare sopra al 3% del Pil”.

Un scenario aggravato da un altro potere della Commissione introdotto con il Fiscal Compact: in base al “Six pack” infatti l’organismo di governo dell’Ue può obbligare un paese membro in deficit eccessivo a versare un prestito infruttifero di 3 miliardi. Fubini rimarca come queste possibilità siano ben conosciute dal ministro dell’Economia Saccomanni, che anche per questo sta cercando di opporsi alle richieste fiscalmente poco sostenibili dei partiti della sua maggioranza. L’Italia è appena uscita dalla procedura per deficit eccessivo, e grazie a questo avrà la possibilità di poter spendere più risorse, anche se vincolate ad investimenti finanziati dai fondi comunitari. Un ritorno nel “girone dei peccatori del debito” renderebbe ancora più difficile trovare margini di manovra per dare il via a stimoli alla ripresa, per quanto contenuti.

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