Francesco De Gregori, quante banalità!

mercoledì, 31 luglio 2013

L’intervista odierna di Francesco De Gregori al “Corriere della Sera”, curiosamente pubblicata in contemporanea con un’iniziativa editoriale del quotidiano con protagonista proprio la musica del cantautore romano, ha suscitato un notevole dibattito nella comunità virtuale. Molte testate online hanno ripreso i numerosi commenti al dialogo tra De Gregori ed Aldo Cazzullo, scritti su Twitter così come su Facebook in quantità invero copiosa. Le parole del cantautore sono state celebrate come la versione definitiva sull’immaturità della sinistra italiana, confessata da una delle sue icone. De Gregori ha confermato di sentirsi ancora una persona di questa impostazione ideologica, anche se ha rimarcato di sentirsi sempre più deluso dal suo campo politico. Una disaffezione che è probabilmente iniziata qualche tempo fa, visto che alle ultime elezioni il cantautore ha votato per la lista di Mario Monti, difficilmente collocabile nell’ambito del progressismo.

Il problema maggiore dell’intervista di De Gregori è la superficialità dei suoi giudizi, espressa con una prosopopea da saggio della montagna che forse dovrebbe meglio spiegare come mai ha convissuto così tanti anni, senza alcun problema, con quegli “altarini ideologici” ora sconfessati. Il passaggio che più ha entusiasmato i neo corifei del De Gregori pensiero è questo: ” «È un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del “politicamente corretto”, una moda americana di trent’anni fa, e della “Costituzione più bella del mondo”. Che si commuove per lo slow food e poi magari, “en passant”, strizza l’occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me”. Detta così, appare una semplice lista di luoghi comuni, piuttosto consumati, sulla visione della base del PD, scambiata però da De Gregori per la dirigenza del partito. Un errore piuttosto marchiano, visto che su alcuni punti citati dallo stesso cantautore si è visto un netto scollamento tra l’elettorato diffuso e la classe dirigente democratica. Niente di strano, in realtà, anzi un processo normale di molte democrazie, ma scambiare le mele con le pere non rafforza certo la riflessione di De Gregori.

Uguale superficialità viene evidenziata nel passaggio successivo: “questo governo non piace a nessuno. Ma credo fosse l’unico possibile. Ringrazio Dio che non si sia fatto un governo con Grillo e magari un referendum per uscire dall’euro. Se poi molti nel Pd volevano governare con Grillo e io non sono d’accordo non è un dramma. Ora il Pd è di moda occuparlo, prendere la tessera per poi stracciarla. Non ne posso più di queste spiritosaggini”. Citare il referendum dell’euro come possibile base di un – neanche mai tentato – governo tra PD e M5S significa davvero banalizzare un simile passaggio politico; forse sarebbe più interessante capire come mai la classe dirigente della sinistra italiana l’abbia voluto bocciare, preferendogli senza dubbio alcuno l’alleanza con Berlusconi, spergiurata nei due mesi successivi alle elezioni ed ora diventata il punto dirimente del futuro congresso del Partito Democratico.

Ancora più surreale è questo passaggio dell’intervista di De Gregori. ” Sono stufo del fatto che, appena si cerca un accordo su una riforma, subito da sinistra si gridi all'”inciucio”, al tradimento. Basta con queste sciocchezze. Basta con l’ansia di non avere nemici a sinistra; io ho sempre avuto nemici a sinistra, e non me ne sono mai occupato. Ho votato Pci quando era comunista anche Napolitano. Ma viene il momento in cui la realtà cambia le cose, bisogna distaccarsi da alcune vecchie certezze, lasciare la ciambella di salvataggio ed essere liberi di nuotare, non abbandonando per questo la tua terra d’origine. Non ce la faccio più a sentir recitare la solita solfa “Dì qualcosa di sinistra”. Era la bellissima battuta di un vecchio film, non può diventare l’unica bandiera delle anime belle di oggi. Proviamo piuttosto a dire qualcosa di sensato, di importante, di nuovo. Magari scopriremo che è anche di sinistra”. Negli ultimi anni il PD a cui si riferisce De Gregori ha difficilmente seguito la linea del “mai nemici a sinistra”, perseguita giusto in qualche elezione amministrativa locale. Sulle vecchie certezze da abbandonare ed il nuovo da ricercare il cantautore romano è condivisibile perchè rimane così vago da non voler dire assolutamente nulla. Andrebbe tradotto per esprimere un giudizio diverso da quello dell’irrilevanza.

Su Berlusconi De Gregori dice: ” Però, guardi, ho seguito con crescente fastidio e disinteresse l’accanimento sulla sua vita privata. Forse potevamo farci qualche domanda in meno su Noemi e qualcuna di più sull’Ilva di Taranto? Pensare di eliminare Berlusconi per via giudiziaria credo sia stato il più grande errore di questa sinistra”. Sul passaggio sull’Ilva è condivisibile, ma il problema è l’aspetto penale della vicenda, costato al Cavaliere una pesante condanna per prostituzione minorile in primo grado. Un partito o un campo politico che ignori simili vicende del suo principale avversario politico, per citare Veltroni, non esiste in natura, piaccia o no ai cosiddetti riformisti italici. Le frasi rivelatrici dell’intervista di De Gregori sono forse queste: la prima è che secondo lui la notizia più bella del mondo è l’elezione di Papa Francesco, la seconda è il fatto che il cantautore “nutre un certo rispetto per il lavoro non facile di Letta e di Alfano”. Di fronte a simili pennellate di nulla, non si sa davvero che dire, se non evidenziare la similitudine con una produzione musicale altrettanto noiosa e sopravvalutata.

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