Milano senza Dio: Scola in missione contro l'”ateismo anonimo”

martedì, 10 settembre 2013

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Chi saranno mai questi cristiani ambrosiani a rischio di “ateismo anonimo”, parola del loro arcivescovo Angelo Scola? E’ un’accusa per lo meno insolita, ateismo anonimo. Come dire che tu pensi di essere religioso, cristiano, e invece fai parte anche tu, da inconsapevole, del meccanismo di una Milano senza Dio. Atea senza saperlo! Lo denuncia il pastore chiedendo all’assemblea dei suoi sacerdoti di rafforzare la vigilanza e di guardarsi anche alle spalle: a loro spetta “evangelizzare la metropoli”, e pazienza se il suo appello sembra quasi assegnare a Milano il triste record di città incapace di credere, perfino atea a sua insaputa.
Da oggi si sprecheranno gli identikit per disegnare la fisionomia di chi è fedele solo in apparenza. Non ce la caveremo tirando fuori il solito Formigoni, né confondendo la raffinata categoria dell’”ateo anonimo” con quella più grossolana dell’”ateo devoto” (ormai passata di moda. Qual è, dunque, la malattia diagnosticata da Angelo Scola? Cosa lo ha indotto, novello Mosè, a denunciare con ciglio asciutto la presenza di un vitello d’oro fin dentro al perimetro del suo gregge? Non mancheranno le occasioni per discuterne.
Nel frattempo l’accusa colpisce per la sua originalità, ma forse anche perché con il nuovo Papa ci eravamo disabituati all’attacco diretto della Chiesa “contro” le singole categorie dei peccatori: omosessuali praticanti, relativisti incalliti, codificatori delle unioni di fatto o del testamento biologico… Qui c’è al tempo stesso molto di più, la Milano senz’anima, la Milano addirittura senza Dio; ma con l’attenuante dell’inconsapevolezza e col riconoscimento inedito che non basta l’osservanza formale per preservarsi dall’ateismo.
Certo il suo tono è più bonario, ma il cardinale Scola, chiedendo ai suoi parroci di “evangelizzare la metropoli”, sa bene di riprendere l’argomento controriformistico del suo illustre predecessore San Carlo Borromeo: il fustigatore dei costumi che incitava i sacerdoti lombardi a sentirsi a pieno titolo missionari in casa propria, votati alla “conquista delle anime”. L’importanza attribuita da San Carlo al restaurato sacramento della confessione, che egli rese obbligatorio, viene ancora studiata come formidabile esperimento di controllo sociale dispiegato sul territorio, attraverso la rete delle parrocchie.
Cinque secoli dopo, il medesimo giudizio sferzante sul popolo fuoriuscito dalla retta via si risolve in un monito pastorale, ora che la Chiesa non è più in grado di assumere un ruolo di sorveglianza pubblica contro le deviazioni. Di fronte all’ateismo anonimo dei milanesi, che spazio può prendersi una Chiesa imbronciata e di minoranza? Il prediletto di Ratzinger non ha paura di presentarsi col monito del conservatore, anche nel tempo dei sorrisi di Francesco.
Ci interrogheremo su chi siano fra noi gli atei anonimi, sperando di aver male interpretato la postura e l’accento del raffinato intellettuale venuto in missione qui tra noi infedeli lombardi. Ma è stato Scola stesso a ricordare, nel medesimo discorso inaugurale dell’anno pastorale, l’altro suo grande predecessore Carlo scomparso esattamente un anno fa: Carlo Maria Martini. Per la verità Martini, anch’egli un intellettuale rigoroso, tendeva piuttosto a mettere in cattedra i non credenti per cercare pure in loro l’essenza della spiritualità contemporanea che la dottrina di per sé non basta a interpretare. Puntava, Martini, più sulla fiducia, che non vuol dire indulgenza, che sul rimprovero. Nella metropoli scristianizzata, più che l’ateo anonimo egli cercava lo scettico, lo sfiduciato, la cui fragilità umana andava condivisa. Ma non è detto che la sfida culturale, in cui Scola non si tirerà certo indietro, rifuggendo il pericolo dell’anatema, possa coinvolgere la Milano senza Dio nel tentativo di colmare il fossato dell’incomunicabilità reciproca. Sarebbe un peccato rinunciare a questo confronto, soprattutto in tempi di generalizzata fatica di vivere. Tanto più ora che, grazie a Scola, perfino la frontiera dell’ateismo ci appare molto più sfumata.

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