Spiace perchè parliamo di un grande scrittore, e l’editore Adelphi ne ha annunciato la prima edizione mondiale con grande pompa, ma “La festa dell’insignificanza” di Milan Kundera è una boiata. Ancor di più spiace perchè questo racconto senza capo nè coda che si dipana intorno ai giardini del Luxembourg nella Parigi dell’esilio dorato di Kundera, ha, sì, un inizio furbo su cosce, natiche, seni e ombelichi femminili, ma contiene un paio di delizie che evocano il talento altrove da lui dimostrato: il racconto delle ventiquattro pernici di Stalin; e il dialogo fra Alain e la madre assente sulla vanità dei diritti dell’uomo. Ma il resto, alla lettera, come suggerisce il titolo, è insignificanza.