La surreale e bugiarda discussione del PD sull’adesione al Pse

lunedì, 11 novembre 2013

Lo svolgimento del congresso del Partito socialista europeo a Roma annunciato a sorpresa da Guglielmo Epifani ha provocato un nuovo scontro in casa PD, questa volta trasversale alle quattro mozioni che si stanno confrontando al congresso. Beppe Fioroni, uno dei leader dell’ex Margherita, ha scritto una lettera alla “Stampa” di Torino dove rimarca il rischio di snaturamento del progetto originario del PD in caso di adesione al Partito socialista europeo. Vari malumori sono stati espressi da componenti dei due principali schieramenti congressuali, legati a Renzi e Cuperlo, in merito a questa prospettiva. Il portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia, ha voluto precisare che la questione del PSE era già stata risolta dall’ex segretario, una spiegazione che assume tratti tanto surreali quanto bugiardi come quelli di chi evita di affrontare il vero punto della discussione. Il Partito Democratico è la prima formazione politica dell’Italia, uno dei paesi fondatori dell’Europa unita e la terza economia dell’eurozona. Il PD è l’unico partito, a ben sei anni dalla sua fondazione, a non aver una collocazione internazionale ed europea. Se le organizzazioni sovranazionali che racchiudono partiti di varie parti del mondo hanno un peso relativo, ben diverso è il discorso per quanto riguarda i partiti europei. Essi sono riconosciuti come soggetti fondamentali dell’Unione Europea dagli stessi trattati fondativi

L’articolo 10, comma 4 del Trattato sull’Unione Europea afferma che “I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione”. Si può discutere se, come spesso capita, quanto affermato dai trattati sia rimasto lettera morta, ma la discussione interna al PD dovrebbe partire da questo fallimento, ovvero l’incapacità dei democratici di trovare una collocazione all’interno di un partito europeo. Un punto tanto più rilevante se, come spesso sostiene il PD, si pensa che l’uscita della crisi possa essere realizzata attraverso una maggiore unità politica dell’Europa. Il probabile nuovo segretario del PD Matteo Renzi parla nella sua mozione di Stati Uniti d’Europa, e davvero sarebbe fantascienza pensare che in una simile prospettiva il PD non scegliesse di aderire ad un partito politico europeo. Il sindaco di Firenze, come gli altri candidati, si schiera per l’adesione al Pse, anche se i toni della sua mozione sono più sfumati rispetto a quanto dichiarato nelle interviste dallo stesso Renzi o da suoi fedelissimi come Nardella. Il Partito Democratico dovrà aderire ad un partito politico europeo se vuole perseguire ed essere coerente con la sua strategia di approfondimento delle istituzioni comunitarie. La scelta, pressochè obbligata, è il Pse, visto che il Partito democratico europeo, promosso qualche anno fa da Bayrou e Rutelli, è sostanzialmente fallito per manifesta marginalità ed irrilevanza.

Molti dirigenti del PD italiano provengono da due storie, quella comunista e quella democristiana, ostili alla socialdemocrazia europea, ma questo conferma più il fallimento politico e culturale del centrosinistra italiano e la necessità della sua trasformazione, prima nell’esperienza dell’Ulivo e poi in quella del PD, che un motivo  ragionevole di distacco della casa del centrosinistra europeo. Il Pse può essere criticato e sicuramente va rinnovato, visto che in questi anni si contano più sconfitte che vittorie in casa socialdemocratica. Rifugiarsi però ancora a lungo nella semplice collaborazione con il gruppo socialista all’Europarlamento sarebbe l’ennesima dimostrazione che il PD non riesce ad andare oltre la paralisi provocata dalla somma delle sue correnti, ed è incapace di realizzare una strategia coerente alle sue riflessioni politiche sulla crisi.

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