Larry Summers e la stagnazione secolare che incombe sul mondo

giovedì, 28 novembre 2013

Da alcune settimane la comunità accademica e gli economisti discute di un vaticinio pessimista lanciato da Larry Summers in un convegno del Fondo monetario internazionale svoltosi alcune settimane fa. In questo consesso l’ex Segretario del Tesoro Usa ha preconizzato la “stagnazione secolare” come possibile spiegazione per la crisi presente e futura che sta frenando l’economia globale. La “stagnazione secolare” era la tesi di un economista americano degli anni trenta, Alvin Hansen, per spiegare la Grande Depressione. Secondo Hansen il mancato aumento della popolazione e le scarse innovazioni tecnologiche avevano causato la grande frenata che colpì il mondo negli anni trenta, una stagnazione che avrebbe dovuto durare per vari decenni.La previsione di Hansen non si è verificata, ma secondo Summers questi tesi potrebbe spiegare la lunga crisi che stiamo vivendo, Negli ultimi quattro anni e mezzo il Pil rimasto lontano dal potenziale che c’era prima dello scoppio della crisi finanziaria, con un aumento significativo della disoccupazione, ed un contemporaneo basso livello di inflazione. L’economista americano ha però rimarcato un altro aspetto che corrobora la tesi della stagnazione secolare. Prima della crisi c’erano condizioni come una politica monetaria molto lasca, elevato indebitamento del settore privato e spese che hanno precorso il reddito. Come dice Summers, ” troppa liquidità, troppi prestiti, troppa ricchezza” . Questo però non ha generato un aumento del tasso di inflazione, nessuna sovrapproduzione del sistema economico e una disoccupazione rimasta sempre al di sopra del suo livello naturale. L’ex ministro del Tesoro Usa sottolinea come neanche una grande bolla del credito come quella vissuta dal mondo industrializzato nei primi anni del nuovo millennio sia stata capace di creare un eccesso di domanda aggregata. nto centrale della riflessione è il cosiddetto tasso naturale di equilibrio, ovvero il tasso capace di assicurare la piena occupazione, una teoria sviluppata dal maestro della scuola svedese, Knut Wicksell. Per Summers solo un tasso naturale di equilibrio negativo spiegherebbe le dinamiche dell’economica globale, prima e dopo la crisi. I tassi erano infatti molto bassi prima della crisi, ma erano troppo alti per garantire la piena occupazione. Di conseguenza non è così sconvolgente che l’economia non sia riscaldata eccessivamente nonostante la bolla sul mercato immobiliare e l’eccesso di indebitamento. Una situazione che spiega anche il protrarsi di questa crisi, con un’economia incapace di risollevarsi nonostante tassi di interesse così bassi. Il problema diventa però cosa fare visto che sotto lo zero non si possono spingere i tassi di interesse. Summers rimarca che se il tasso naturale di equilibrio fosse sceso a -2 o -3% non ci sarebbe nessun eccesso di domanda aggregata neppure con politiche fiscali poco attente al deficit, e non ci sarebbe un ritorno alla piena occupazione neppure se il credito fosse erogato a condizioni normali.

La tesi di Summer è solo una tesi, ma se la sua analisi fosse confermata, sarebbe necessario ripensare la risposta affidata alla crisi. Con un tasso naturale di equilibrio negativo la politica monetaria non ha molto margine di manovra, ma far rimanere ancorati allo zero i tassi per per lungo periodo, molti anni, sarebbe una scelta che provocherebbe una fortissima resistenza. Allo stesso modo politiche fiscali più orientata alla spesa potrebbero trovare giustificazione in un costo del debito, reale, negativo, ma l’enorme indebitamento di nuclei familiari, aziende e stati certo scoraggia una simile opzione. Il vero elemento preoccupante della tesi di Summers è la sua credibilità nello scenario attuale: decenni di stagnazione significherebbero sconvolgimenti così rilevanti delle nostre società difficili da immaginare ora.

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