Le primarie “vuote” del PD ed il referendum della Spd sulla Grande Coalizione

mercoledì, 4 dicembre 2013

Negli stessi giorni due tra i maggiori partiti europei, il Partito Democratico ed il Partito Socialdemocratico della Germania (Spd) coinvolgeranno i loro elettori ed iscritti in due consultazioni molto importanti per i destini dei governi della prima e terza economia dell’eurozona. In Italia l’esecutivo di ormai “piccole intese” avrà un nuovo azionista di maggioranza, che risponderà con ogni probabilità al nome di Matteo Renzi. In Germania invece le “larghe intese” nasceranno solo se gli iscritti della Spd diranno sì al referendum convocato dai vertici del partito sull’accordo di governo con Angela Merkel. Dopo più di un mese di estenuanti trattative i tesserati socialdemocratici, che sono circa 475 mila, potranno approvare o bocciare un’intesa che prevede l’introduzione del salario minimo, un abbassamento dell’età della pensione per chi ha 45 anni di contributi – rispetto alla soglia dei 67 anni introdotta proprio dalla große Koalion nel 2007, oppure maggiori investimenti in infrastrutture ed istruzione. In un editoriale di oggi pubblicato su “La Repubblica” Barbara Spinelli evidenzia il carattere di empowerment di questa consultazione: nella crisi la politica può ritrovare una funzione solo allargando la partecipazione. Una “capacitazione”, la parola del concetto coniato dall’economista Amartya Sen, che si fa più fatica invece a rintracciare nelle primarie del Partito Democratico. Nono solo le prossime, ma anche le più combattute consultazioni del 2012. Allora i simpatizzanti del centrosinistra furono chiamati ad esprimere la loro preferenza per il candidato alla presidenza del Consiglio che avrebbe guidato l’alleanza Italia Bene Comune, formata da PD, Sel e forze minori. Dopo le elezioni, quell’intesa elettorale – che ottenne il fondamentale premio di maggioranza alla Camera – si è sciolta al primo passaggio politico rilevante, l’elezione del presidente della Repubblica. Il presidente del Consiglio espresso dal PD, Letta, non ha ottenuto alcuna legittimazione popolare in quel ruolo, come tantomeno condivisa con iscritti o elettori è stata la scelta dell’alleanza con il Popolo della Libertà. In questo senso il referendum della Spd delega molto più potere al basso, ai cittadini che partecipano, in questo caso i tesserati socialdemocratici. Le prossime primarie del PD sembrano soffrire della stessa lacuna: si eleggerà un segretario, la cui linea politica però subito si scontrerà con un governo non condiviso da iscritti o elettori. Una possibile, quasi certa, conflittualità di legittimazione, che probabilmente sarà risolta con una classica mediazione al ribasso, come avvenuto in questi anni con gli stessi protagonisti, si veda il fondamentale ruolo di Franceschini tanto nel governo Letta quanto nella nuova maggioranza di Renzi. Il PD mancherebbe così in modo grave la grande opportunità di riconnettere le istituzioni, ed i partiti che mediano tra loro ed il popolo, all’elettorato, una cesura che rappresenta uno dei più significativi portati della crisi. Il MoVimento 5 Stelle è esploso promettendo di riportare la “gente” all’interno delle istituzioni, e chi come il PD ha fatto della cittadinanza attiva uno dei pilastri della sua proposta politica dovrebbe aggiornare lo strumento delle primarie ad una realtà che le fa apparire in parte già superate. Il calo di partecipazione registrato in questi anni e che probabilmente aumenterà l’8 dicembre conferma questa sensazione.

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