La sconfitta di Cuperlo e l’errore di quelli come me (pochi)

lunedì, 9 dicembre 2013

Più ancora che la nettezza della vittoria di Renzi, mi impressiona la brutalità della sconfitta di Cuperlo (il candidato da me votato). Rispetto al 18% nazionale, la sua percentuale si abbassa nelle ex regioni rosse come Emilia Romagna e Toscana. Ma soprattutto viene superato da Civati e scivola al 15% in Lombardia e Piemonte.
Non lo si poteva indicare più chiaro di così: neanche il popolo di sinistra (ex comunista e ex dc) tradizionalmente inteso è disposto a lasciarsi ancora rappresentare dalla vecchia guardia dei D’Alema, Marini, Bersani, Fioroni. Cuperlo ha ritenuto, a torto o a ragione, di dovergli restare leale a costo di sopportare la nomea di grigio funzionario d’apparato, difensore dello status quo. E l’ha pagata cara.
Mi dispiace due volte: per lui che è una persona molto diversa e migliore del vecchio dalemiano in cui s’è lasciato rinchiudere; ma soprattutto per il danno che la sua sconfitta reca a tanti argomenti e luoghi di militanza di una sinistra ancora necessaria.
Personalmente non avrei potuto votare Renzi (così come non avevo potuto votare Veltroni). Nessuna ostilità preconcetta, anzi, ne ho sempre ammirato il coraggio e la chiarezza d’intenti. Ma il suo progetto non mi dà affidamento sulle questioni economiche e di giustizia sociale che oggi reputo prioritarie.
Mi sono illuso, lo ammetto, anche per via di simpatia e stima “ad personam”, che Cuperlo potesse svolgere autorevolmente il ruolo di portavoce di un rinnovamento di sinistra che invece Civati ha avuto buon gioco a “scippargli”. Cuperlo ha pagato cara la scelta di non rompere nettamente col passato, sorvolando sulla sua interpretazione. E io ho sbagliato con lui, per eccesso di contorsioni logiche, illudendomi che tanto quel passato si stava già rottamando da solo e quindi noi di sinistra dovevamo badare innanzitutto a stare insieme.
Detto tutto questo, domenica 8 dicembre verrà ricordata come una bella giornata di partecipazione democratica e cittadinanza attiva. E il Pd resta una forza vitale su cui l’Italia può fare affidamento.

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